lunedì 16 agosto 2010

I nuovi superbatteri: bufala o problema serio?

L'articolo pubblicato su Lancet Infectious Disease (Lancet ID) sui nuovi superbatteri resistenti agli antibiotici sta già facendo molto discutere. Il governo indiano l'ha semplicemente definito "shocking and unscientific" e alcuni parlamentari l'hanno bollato come propaganda e cospirazione delle industrie farmaceutiche (la ricerca è stata finanziata dall'Unione Europea, dalla Wellcome Trust ed anche dall Wyeth un'azienda farmaceutica che fa parte del gruppo Pfizer, come dichiarato in maniera trasparente nell'articolo). L'india è infatti uno dei principali produttori di farmaci generici ed anche una delle mete principali del cosiddetto turismo della salute.

Persino uno degli autori, l'indiano Karthikeyan Kumarasamy, si è parzialmente dissociato dalle conclusioni della ricerca che, ricordiamo, riporta quasi 200 casi di infezioni da batteri portatori del gene New Delhi metallo-ß-lactamase-1 (NDM-1), un gene che conferisce ai batteri resistenza anhe agli antibiotici di ultima generazione.

Nemmeno il nome del gene (New Delhi metallo-ß-lactamase-1) è
passato indenne al vaglio della critica. E' giusto chiamare questo enzima con il nome della città indiana, stigmatizzando un intero paese? La verità è che si tratta di una pratica scientifica abituale. Il nome New Delhi deriva dal fatto che il primo paziente studiato era uno svedese che aveva contratto l'infezione in India. Ci sono molti esempi , nella letteratura scientifica di questo tipo, per esempio il gene Verona Integron encoded metallo-beta-lactamase 1 deve il nome al fatto che è stato isolato a Verona nello Pseudomonas aeruginosa (un batterio molto comune che causa infezioni ospedaliere); il German Imipenemase1 è stato isolato per la prima volta a Dusseldorf; poi esiste il Sao Paulo Metallo-beta-lactamase1; il Seoul Imipenemase etc., etc.

Il motivo di tanto turbamento indiano è il fatto che, di questi 200 casi, 37 sono pazienti inglesi di ritorno in UK dopo aver subito un trattamento chirurgico in India o in Pakistan, un fatto che va a toccare il florido settore dei trattamenti medici low cost.

Il mondo scientifico indiano, infatti, non è per niente compatto dietro le critiche lanciate al paper pubblicato su Lancet ID. Molti ricercatori indiani, da anni denunciano l'abuso di antibiotici che si fa nel paese:

The easiest way of tackling the superbug problem is to use the notorious ostrich strategy which denies the existence of the problem: stop looking for these bugs, stop looking for the hidden resistance mechanisms and closing your eyes even if you find them 

scrive Abdul Ghafur, esperto di malattie infettive all'Apollo Hospital di Chennai, sul Journal of Association of Physicians of India.

La questione critica sta nel fatto che i batteri in cui il gene NDM-1 è stato isolato sono del tipo Gram-negativi.Si tratta di batteri ,che si sono dimostrati resistenti anche agli antibiotici di ultima generazione, e che per i quali lo sviluppo di farmaci efficaci è molto più complicato e richiede molto più tempo (l'iter delle sperimentazioni necessarie a mettere un nuovo farmaco sul mercato, dagli studi di fase I fino agli studi di fase III, richiede in media 6/7 anni).

Il fatto che tutto questo si intrecci al crescente business del turismo della salute rende le raccomandazioni pubblicate su Lancet ID - sorveglianza, individuazione e isolamento dei pazienti infetti, disinfezione delle attrezzature ospedaliere e ovviamente procedure accurate di igiene negli ospedali - consigli di buona pratica per nulla scontati.

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