mercoledì 9 dicembre 2009

Copenhagen Agreement

Sembra che il vertice di Copenhagen sui cambiamenti climatici riservi ogni giorno una sorpresa e un problema in più di cui discutere.

Il Guardian ha pubblicato ieri (8 dicembre) il testo di un accordo preliminare, il Copenhagen Agreement o Danish text, tra un gruppo ristretto di paesi (circle of commitment) di cui pare facciano parte la Danimarca, UK e US. Un documento che ha fatto infuriare i paesi in via di sviluppo dal momento che prevede una nuova impostazione del regime climatico.

Secondo quanto riportato dal quotidiano inglese, il documento si propone come un accordo a effetto immediato ed è articolato nei seguenti punti:

  1. obbligare i paesi in via di sviluppo a tagliare le emissioni di CO2 e ad accollarsi altre misure di riduzione e mitigazione non incluse originariamente nella convenzione sul clima;
  2. creare una nuova categoria di paesi, chiamata most vulnerable countries;
  3. ridurre il ruolo delle Nazioni Unite nella gestione della climate finance;
  4. creare due categorie di inquinatori entro il 2050: quella dei paesi ricchi, a cui è consentito di emettere 2.67 tonnellate di CO2 pro capite; e paesi in via di sviluppo, la cui quota non può eccedere le 1.44 tonnellate.

In realtà leggendo il documento, 13 pagine linkate dallo stesso Guardian, l'accordo sembrerebbe molta meno cosa. Sostanzialmente sulla base della Diagnosi di Copenhagen, si fa riferimento all'obiettivo dei 2 gradi C e si stabilisce che le emissioni devono raggiungere il loro picco nel 2020 e che al 2050 devono essere ridotte del 50% rispetto al 1990.

Per quanto riguarda gli obiettivi di mitigazione specifici per i paesi in via di sviluppo, le quote di riduzione (specificate negli allegati A e B) sono ancora tutte da definire e sono quantificate con numerose X e Y. Si parla in generale di un obiettivo cumulativo di riduzione dell'80%, rispetto al 1990, delle emissioni nel 2050. I dettagli sui meccanismi di riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado forestale sono invece lasciati alle specifiche decisioni della Conferenza delle Parti (COP15).

Il delicato capitolo finanziamenti nel periodo 2010-2012 prevede invece 10 miliardi di dollari l'anno, a supporto dello sviluppo tecnologico e della mitigazione e adattamento nei paesi in via di sviluppo. Verrà creato un nuovo organismo per amministrare questi finanziamenti sotto l'egida della Convenzione, mentre un nuovo fondo verrà creato sotto il controllo della COP15.

Un testo a prima vista un tantino diverso da quanto riportato dal Guardian (manca anche il distinguo dei most vulnerables countries). Con chi avranno parlato i giornalisti inglesi?

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