lunedì 4 ottobre 2010

Il caso Avandia

E' uscita la scorsa settimana la notizia che l'ente regolatorio europeo dei farmaci (EMA) ha deciso di ritirare dal mercato Avandia, Avandamet e Avaglim, gli antidiabetici a base di rosiglitazone prodotti dalla GlaxoSmithKline (GSK), invitando tutti coloro che ne fanno uso a prendere appuntamento con il proprio medico per discutere di terapie alternative.

Il caso Avandia è nato nel 2006, quando due trial clinici, sponsorizzati dalla GSK denominati DREAM - un acronimo particolarmente riuscito perché si trattava di una sperimentazione clinica con l'obiettivo di verificare se il trattamento con Avandia in soggetti in fase pre-diabetica fosse in grado di prevenire la malattia, ovvero era stato disegnato per allargare l'impiego del farmaco anche nei soggetti non malati - e ADOPT evidenziarono effetti cardiovascolari negativi del farmaco entrato in commercio nel 1999.

Il colpo più grosso alla credibilità di Avandia arrivò l'anno successivo, maggio 2007, quando il New England Journal of Medicine (NEJM) pubblica una metanalisi che dimostra che il rosiglitazone aumenta il rischio di eventi cardiovascolari negativi del 43% rispetto alla terapia tradizionale. L'articolo su NEJM ebbe un'enorme cassa di risonanza sui media tanto da diventare un caso di studio anche per i comunicatori del rischio. Il modo in cui la notizia fu presentata scatenò un'ondata di panico nei pazienti trattati con Avandia, molti dei quali interruppero la terapia; la GSK lasciò in Borsa in un solo giorno l'8%.

A conferma però del fatto che nulla è certo, qualche settimana più tarti, sempre su NEJM uscirono i risultati di un'analisi ad interim di un altra sperimentazione clinica (RECORD), i cui dati non confermavano l'insicurezza di Avandia. Anche se questa pubblicazione venne accompagnata da un editoriale molto critico sulle modalità di conduzione dello studio, sponsorizzato dalla GSK.

In seguito a queste evidenze, nel 2007 la FDA chiese alla GSK di effettuare una sperimentazione clinica di sicurezza cardiovascolare. Questo studio, denominato TIDE (Thiazolidinedione Intervention With Vitamin D Evaluation), prevedeva come terapia di confronto il pioglitazone e fu programmato per avere una durata di 6 anni con l'arruolamento di 16.000 pazienti.

E saltiamo ai giorni nostri. Il 20 febbraio scorso si è riunito il Commitee on Finance del Senato US che si occupa di sicurezza dei farmaci. Il Commitee ha preso atto delle richieste di maggiore chiarezza su Avandia della FDA. Proprio la FDA aveva stimato un eccesso di 83.000 casi di eventi cardiaci, tra il 1999 e il 2007. E lo studio TIDE, quello che doveva arruolare 16.000 pazienti e trattare una parte di loro con il rosiglitazione? Parte nel 2009 ma l'arruolamento dei pazienti non procede bene, a causa anche delle notizie che escono sui giornali: molti pazienti non accettano di partecipare e due centri americani si ritirano mentre la GSK prova ad arruolare soggetti nei paesi in via di sviluppo (Sud America, India, Pakistan, Europa dell'Est) con un consenso non proprio informato; insomma, la solita storia. Ma già nel 2008 gli esperti dell'FDA avevano definito il TIDE non etico ed inutile. Così, mentre Avandia per il momento negli US rimane in commercio ma con  un'etichettatura supplementare di sicurezza e restrizioni per l'uso, lo studio TIDE viene sospeso.

Nei due anni che hanno preceduto le sue conclusioni, la commissione del Senato americano ha esaminato circa 250mila documenti e sentito esperti di settore. Nelle 334 pagine del report stilato, si chiama direttamente in causa le responsabilità della GSK. Si legge tra le altre cose che l'azienda farmaceutica inglese ha sempre negato l'insicurezza di Avandia ponendo in atto azioni scorrette allo scopo di minimizzare i rischi del farmaco.

Ma è solo un questione di business il caso Avandia? Il diabete è una malattia da cui non si guarisce ed i farmaci per combatterlo devono dimostrare non solo di ridurre la glicemia ma devono anche evidenziare una riduzione delle complicanze cardiovascolari e della mortalità nel lungo periodo.

Il ragionamento alla base di molte terapie anti-diabetiche è proprio il seguente: poiché il diabete comporta uno scarso scarso controllo glicemico e una mortalità cardiovascolare elevata, migliorare il primo significa diminuire la seconda.

E questo è lo strano caso Avandia o del rosiglitazone che rispetto ad altre terapie riduce di più l'emoglobina glicata a spese però di un maggiore numero di ischemie del miocardio e di scompensi cardiaci. Quello che è mancato è stato un sistema di sorveglianza post-marketing che confermasse la riduzione di complicanze e mortalità. O come affermato da Clifford Rosen, che presiedeva

FDA Advisory Committee Meeting nel 2007 , il caso Avandia è il caso di un farmaco approvato troppo in fretta e con motivazioni sbagliate da un'agenzia sottofinanziata e soggetta alle pressioni dell'industria del farmaco.

 
 

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