martedì 28 dicembre 2010

Nuovo studio sull'effetto placebo

Reale o meno sull'effetto placebo si è sempre discusso molto, e in questi giorni ha fatto un certo scalpore uno studio sull'effetto placebo approdato persino su Lifehacker che proverebbe che un farmaco funziona anche quando chi lo assume sa perfettamente che  non contiene alcun principio attivo.

La ricerca Placebos without Deception: A Randomized Controlled Trial in Irritable Bowel Syndrome è stata pubblicata su Plos ONE, la rivista Open Access della Public Library of Science che pubblica esclusivamente on-line ed è stata condotta da Ted J. Kaptchuk di Harvard Osher Research Center, il centro di ricerca della Harvard Medical School che si occupa di medicina alternativa, e finanziato dal NCCAM, il National Center for Complementary and Alternative Medicine.

Si è trattato di una sperimentazione clinica randomizzata che ha arruolato 92 pazienti con sindrome dell'intestino irritabile, di cui 80 sono risultati eligibili e e assegnati in maniera casuale a nessun trattamento (43 soggetti) o al placebo (37 soggetti) che sono stati valutati attraverso dei questionari  con domande del tipo "Rispetto a come ti sentivi prima di entrare nello studio, i sintomi negli ultimi 7 giorni sono: 1. sostanzialmente peggiorati; 2. moderatamente peggiorati; 3. leggermente peggiorati; 4. rimasti invariati; 5. leggermente migliorati; . moderatamente migliorati; 7. notevolmente migliorati." che misurano su scala numerica l'andamento dei sintomi.
Lo studio è durato complessivamente 3 settimane.

Ed ecco i risultati che hanno fatto il giro dei media: i soggetti assegnati al placebo hanno mostrato un miglioramento significativo rispetto ai 43 soggetti non trattati (eccetto che per il miglioramento della qualità della vita) già a metà dello studio:

Qui però salta subito all'occhia qualche considerazione. I clinical trials sono studi che, normalmente, si pubblicano molto bene anche su riviste migliori di Plos ONE, che per quanto sia un'ottima rivista non è proprio nota per pubblicare sperimentazioni cliniche di alta qualità.
Ed infatti, se andiamo a vedere la tabella 1 pubblicata sull'articolo (la tabella che riassume sempre le caratteristiche del campione analizzato) si scopre che i due gruppi non è detto che siano proprio omogenei (manca una misura statistica): per esempio ci sono meno donne nel gruppo del placebo, e anche la distribuzione dei sintomi non è omogenea nei due gruppi (ci sono più soggetti con diarrea predominante tra i non trattati).


La seconda considerazione riguarda il disegno dello studio secondo il quale i pazienti sono stati reclutati attraverso annunci su giornali e volantini coinvolgendo professionisti del settore sanitario per partecipare ad "un nuovo studio sul rapporto mente-corpo nella cura delle sindromi di disordine dell'intestino". Durante lo screening telefonico, ai potenziali partecipanti è stato detto che avrebbero ricevuto o un  placebo, ovvero pillole di zucchero che avevano dimostrato di possedere proprietà di auto-guarigione o nessun trattamento.
E' vero che i pazienti erano informati di ricevere un placebo, ma sono stati anche messi a conocenza dell'esistenza di interazioni mente-corpo in grado di farli sentire meglio, che l'effetto placebo è potente e che il corpo può rispondere automaticamente al placebo come una sorte di riflesso di Pavlov:
1) the placebo effect is powerful, 2) the body can automatically respond to taking placebo pills like Pavlov's dogs who salivated when they heard a bell, 3) a positive attitude helps but is not necessary.


Ma tutto sommato i risultati ottenuti potrebbero non essere così sorprendenti se si tiene conto del semplice fatto che molto probabilmente non è stato somministrato un placebo. Il placebo infatti consisteva in pillole riempite di avicel, che è un eccipiente inerte utilizzato nelle preparazioni farmaceutiche, e quindi non contiene nessun principio attivo, ma può avere un effetto terapeutico nei soggetti con problemi all'intestino perché aumenta l'apporto di fibre.

Intendiamoci è uno studio di qualità superiore alle ricerche normalmente finanziate dal NCCAM, del resto gli stessi autori ne riconoscono una serie di limitazioni. Avrebbero fatto meglio a discutere anche il fatto che la scelta del tipo di placebo non è stata ottimale e che non lo avessero venduto come "l'effetto placebo funziona anche quando i pazienti sanno che la loro pillola è solo un placebo".



Nessun commento: