La ricerca Placebos without Deception: A Randomized Controlled Trial in Irritable Bowel Syndrome è stata pubblicata su Plos ONE, la rivista Open Access della Public Library of Science che pubblica esclusivamente on-line ed è stata condotta da Ted J. Kaptchuk di Harvard Osher Research Center, il centro di ricerca della Harvard Medical School che si occupa di medicina alternativa, e finanziato dal NCCAM, il National Center for Complementary and Alternative Medicine.
Si è trattato di una sperimentazione clinica randomizzata che ha arruolato 92 pazienti con sindrome dell'intestino irritabile, di cui 80 sono risultati eligibili e e assegnati in maniera casuale a nessun trattamento (43 soggetti) o al placebo (37 soggetti) che sono stati valutati attraverso dei questionari con domande del tipo "Rispetto a come ti sentivi prima di entrare nello studio, i sintomi negli ultimi 7 giorni sono: 1. sostanzialmente peggiorati; 2. moderatamente peggiorati; 3. leggermente peggiorati; 4. rimasti invariati; 5. leggermente migliorati; . moderatamente migliorati; 7. notevolmente migliorati." che misurano su scala numerica l'andamento dei sintomi.
Lo studio è durato complessivamente 3 settimane.
Ed ecco i risultati che hanno fatto il giro dei media: i soggetti assegnati al placebo hanno mostrato un miglioramento significativo rispetto ai 43 soggetti non trattati (eccetto che per il miglioramento della qualità della vita) già a metà dello studio:
Qui però salta subito all'occhia qualche considerazione. I clinical trials sono studi che, normalmente, si pubblicano molto bene anche su riviste migliori di Plos ONE, che per quanto sia un'ottima rivista non è proprio nota per pubblicare sperimentazioni cliniche di alta qualità.
Ed infatti, se andiamo a vedere la tabella 1 pubblicata sull'articolo (la tabella che riassume sempre le caratteristiche del campione analizzato) si scopre che i due gruppi non è detto che siano proprio omogenei (manca una misura statistica): per esempio ci sono meno donne nel gruppo del placebo, e anche la distribuzione dei sintomi non è omogenea nei due gruppi (ci sono più soggetti con diarrea predominante tra i non trattati).
La seconda considerazione riguarda il disegno dello studio secondo il quale i pazienti sono stati reclutati attraverso annunci su giornali e volantini coinvolgendo professionisti del settore sanitario per partecipare ad "un nuovo studio sul rapporto mente-corpo nella cura delle sindromi di disordine dell'intestino". Durante lo screening telefonico, ai potenziali partecipanti è stato detto che avrebbero ricevuto o un placebo, ovvero pillole di zucchero che avevano dimostrato di possedere proprietà di auto-guarigione o nessun trattamento.
E' vero che i pazienti erano informati di ricevere un placebo, ma sono stati anche messi a conocenza dell'esistenza di interazioni mente-corpo in grado di farli sentire meglio, che l'effetto placebo è potente e che il corpo può rispondere automaticamente al placebo come una sorte di riflesso di Pavlov:
1) the placebo effect is powerful, 2) the body can automatically respond to taking placebo pills like Pavlov's dogs who salivated when they heard a bell, 3) a positive attitude helps but is not necessary.
Ma tutto sommato i risultati ottenuti potrebbero non essere così sorprendenti se si tiene conto del semplice fatto che molto probabilmente non è stato somministrato un placebo. Il placebo infatti consisteva in pillole riempite di avicel, che è un eccipiente inerte utilizzato nelle preparazioni farmaceutiche, e quindi non contiene nessun principio attivo, ma può avere un effetto terapeutico nei soggetti con problemi all'intestino perché aumenta l'apporto di fibre.
Intendiamoci è uno studio di qualità superiore alle ricerche normalmente finanziate dal NCCAM, del resto gli stessi autori ne riconoscono una serie di limitazioni. Avrebbero fatto meglio a discutere anche il fatto che la scelta del tipo di placebo non è stata ottimale e che non lo avessero venduto come "l'effetto placebo funziona anche quando i pazienti sanno che la loro pillola è solo un placebo".
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