Tenete a mente le parole del ministro Gelmini rivolte a studenti, ricercatori e precari della ricerca: "voi difendete i baroni". E giù a spiegare quanto la sua riforma metta fine ai privilegi di pochi e dichiari guerra alla parentopoli universitaria.
Bene, state sicuri che questi baroni non saliti sui tetti a prendere freddo, sotto la pioggia o sotto la neve. E' gente importante, come per esempio Luigi Frati, il rettore del La Sapienza. Non c'è niente di nuovo nel dire che è un barone: L'Espresso qualche anno fa ha fatto un'inchiesta su di lui. Ma a parte questo, quando si parla di parentopoli si guarda sempre agli atenei del Sud, mentre della parentopoli in Sapienza si glissa...
Il tanto decantato emendamento anti-parentopoli voluto dalla Gelmini dice che c'è il divieto di chiamata, da parte delle università, per docenti che abbiano una parentela
''fino al quarto grado compreso con un professore appartenente al dipartimento o struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un consigliere di amministrazione dell'ateneo''
Che c'entra in tutto questo Luigi Frati? Il Prof. Luigi Frati tiene famiglia così composta:
Paola Frati (figlia del rettore): prof. Ordinario presso il Dipartimento di Medicina Legale, I facoltà di Medicina e Chirurgia, Università La Sapienza;
Luciana Rita Angeletti (moglie del rettore): prof. Ordinario presso il Dipartimento di Medicina, Sperimentale e Patologia, I facoltà di Medicina e Chirurgia, Università La Sapienza;
Giacomo Frati (figlio del rettore): prof. Associato presso il Dipartimento Cuore e Grossi Vasi, I facoltà di Medicina e Chirurgia, Università La Sapienza.
La cosa da notare à che lavorano in tre dipartimenti diversi.
Certo, direte, sono parenti con il rettore e come tali non potrebbero essere chiamati; quando però sono entrati in ruolo il prof. Luigi Frati non era rettore ma afferente al dipartimento di Medicina, Sperimentale e Patologia. Pertanto anche con la Legge Gelmini la famiglia Frati, a parte la mamma lavorerebbe in Sapienza. E brava Mariastella. Eh no, qui sui tetti di baroni non ce n'erano.
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