lunedì 4 giugno 2012

Per una scienza senza la sperimentazione animale



A physiological demonstration with vivisection of a dog. Olio su tela di Emile-Edouard Mouchy, 1832 (Wellcome Library, London).


Qualche settimana fa, Giacomo Rizzolatti, professore di Fisiologia all’Università di Parma e neuroscienziato di fama, ha scritto su La Stampa in difesa della sperimentazione animale.
L’atteggiamento di superiorità di Rizzolatti nei confronti di chi è contro questa pratica non vale la pena di essere commentato, tanto cade nel ridicolo cercando la spiritosaggine ad effetto:
Finisco con una nota. L'Accademia Europea ha pubblicato un articolo sull'animalismo. Mi colpì un dato. Nel Regno Unito vi sono 5 milioni di gatti: ognuno uccide ogni anno, di solito torturandoli, 7 animaletti. Ogni anno i possessori di gatti sono responsabili quindi dell'assassinio di 35 milioni di «creature senzienti». Onorevole Brambilla, lei che è tanto buona, cominci una campagna per sostituire i gatti con gentili coniglietti. La prego.
Il suo articolo va invece inquadrato nell’ambito della discussione della legge comunitaria 2011 e della norma che introduce delle limitazioni alla vivisezione vietando la conduzione di esperimenti senza anestesia o analgesia (che in Italia rappresentano circa il 20% delle sperimentazioni totali e vengono consentiti previa autorizzazione del Ministero della Salute) e l’allevamento di primati, cani e gatti destinati alla sperimentazione sul territorio nazionale.

Sottolineiamo: la legge comunitaria non vieta la vivisezione. Perché allora le associazioni pro sperimentazione animale, come la Foundation for Biomedical Research, stanno dando battaglia a questa legge?  In Italia la legislazione attuale è già abbastanza restrittiva, vietando dal 1991 il ricorso agli animali randagi; l’ulteriore divieto di allevamento di primati, cani e gatti imporrebbe alle università e a molti laboratori di ricerca di muoversi concretamente verso metodi alternativi per tutta una serie di sperimentazioni.


Esistono e sono efficaci questi metodi alternativi? o ha ragione Rizzolatti  insieme a tutti quelli che sostengono la necessità della sperimentazione animale? Se il dibattito è così acceso è perché la risposta non è semplice: ci sono evidenze pro e contro la sperimentazione animale, posizioni ideologiche, e naturalmente anche questioni di business.


Le ragioni di chi è contro la sperimentazione animale


Le evidenze a favore le ha elencate Rizzolatti e in definitiva si possono sintetizzare così: finora è stata utile, quindi perché privarsene? Proverò invece a spiegarvi le mie ragioni di opposizione alla sperimentazione animale e lo faccio partendo da lontano, da Giuseppe Moruzzi uno dei più importanti fisiologi italiani, che condusse negli anni ‘50 i suoi studi sui meccanismi della veglia e del sonno facendo sperimentazioni di decerebrazione e decorticazione sui gatti.


Decerebrazione e decorticazione sui gatti

A seconda della sensibilità si dirà che era una pratica necessaria, anche se crudele, per l’acquisizione di conoscenze di base; o che era una pratica crudele ma comunque determinante per l’avanzamento della ricerca. Il senso cambia poco ma il tempo verbale ha la sua importanza: “era”, allora negli anni ‘50. Ma oggi? sperimentazioni simili sono ancora necessarie?


Nel campo della neurofisiologia le sperimentazioni sui gatti continuano: in uno studio del 2004  (Modularity of Motor Output Evoked By Intraspinal Microstimulation in Cats) pubblicato sul Journal of Neurophysiology si procede alla decerebrazione dei gatti cavia, ovvero alla separazione dei centri nervosi centrali dai centri posti inferiormente mediante un taglio del tronco dell’encefalo e l’asportazione di una parte del lobo parietale :
Once the animal [6 gatti domestici maschi adulti] was securely mounted in the frame, a decerebration was performed in the animals prepared under halothane anesthesia. The bone over the occipital and parietal lobes was removed. The carotid arteries were ligated, and the brain stem was transected just rostral to the superior colliculi and continuing rostroventrally to a point caudal to the mammillary bodies, producing a mesencephalic or postmammilary preparation. The brain rostral to the transection was removed (including cortex and thalamus) and the skull packed with Surgicel, Avitene, and agar to control bleeding
La conclusione della ricerca? eccola:
similar to the frog and rat, intraspinal microstimulation in the cat produced a limited repertoire of stereotyped motor responses
L’esperimento è stato replicato successivamente nel 2008 su 16 gatti domestici femmine (Modularity of Endpoint Force Patterns Evoked Using Intraspinal Microstimulation in Treadmill Trained and/or Neurotrophin-Treated Chronic Spinal Cats)1. Vi chiedete perché, con qualche variazione, è stato replicato questo studio? Non pensate che il mondo della ricerca scientifica sia fairyland; nel campo biomedico soprattutto, molto competitivo, vige la regola del publish or perish… e i test in laboratorio su animali si pubblicano in fretta e bene: mors tua (animal) vita mea (researcher’s publication).

Capite bene che siamo lontani da come Rizzolatti ci racconta questi esperimenti:
Immaginiamo che il senatore Schifani si ammali di Parkinson. Mettiamo caso che i farmaci antiparkisoniani non gli giovino. Andrà allora in un centro stereotassico e qui - sorpresa - verrà trattato come si trattano le scimmie negli esperimenti di neuroscienze. Subirà un piccolo intervento in anestesia e poi senza anestesia gli verrà messo un elettrodo nel cervello. Non sentirà dolore. Poi, quando il chirurgo troverà un certo centro nervoso, verrà stimolato e guarirà. Tornerà al lavoro e (speriamo) non dirà più sciocchezze sulla sperimentazione animale.
Se così fosse, perché mai bisognerebbe ricorrere alle scimmie o ai cani o ai gatti? si potrebbero arruolare  decine di Schifani-volontari senza che un Comitato Etico avesse da ridere sul protocollo sperimentale.


I test sugli animali sono davvero indispensabili?


Una revisione sistematica pubblicata nel 2008 su Reviews in the Neurosciences ha provato a fare lo stato dell’arte della ricerca sulle lesioni al midollo spinale, quella per cui “servono” gli esperimenti di decerebrazione dei gatti,  tentando di valutare l’impatto della sperimentazione animale. La conclusione è che: (i) le differenze tra le lesioni che si riscontrano nei pazienti e quelle indotte in laboratorio sugli animali, e (ii) la difficoltà di interpretazione delle misurazioni funzionali (le lesioni traumatiche del midollo spinale colpiscono in genere sia la funzionalità sensoriale che quella motoria e la misurazione della funzionalità sensoriale si fa chiedendo al paziente come percepisce il contatto con alcuni oggetti, per esempio se ha la sensazione di un oggetto dal bordo tagliente piuttosto che arrotondato) rendono estremamente difficile per i ricercatori tradurre i dati sperimentali ottenuti dagli animali in trattamenti efficaci per noi. Le prove? Nonostante decenni di ricerca, non è ancora stato sviluppata nessuna cura, nessun trattamento efficace per le lesioni al midollo spinale.

Invece esistono linee di ricerca molto promettenti che non fanno ricorso alla sperimentazione animale. Ecco qualche esempio:

(i) è stata sviluppata una procedura per differenziare  motoneuroni umani da cellule staminali - i motoneuroni sono quelle cellule che trasportano il segnale del sistema nervoso centrale di movimento dei muscoli- (Li R, S Thode, N Richard, J Pardinas, MS Rao, DW Sah. Motoneuron differentiation of immortalized human spinal cord cell lines. J Neurosci Res. 2000;59(3):342-352);

(ii) le cellule staminali sono state utilizzate per riprodurre in laboratorio un modello dell’atrofia muscolare spinale (malattia genetica che colpisce i bambini sotto i 2 anni) dimostrando che l’atrofia muscolare spinale danneggia i motoneuroni e che alcuni composti testati su queste cellule incrementano la produzione di una determinata proteina: hanno ottenuto un modello utile anche per lo sviluppo di potenziali farmaci (Ebert AD, Yu J, Rose FF, Jr, Mattis VB, Lorson CL, et al. Induced pluripotent stem cells from a spinal muscular atrophy patient. Nature. 2009;457:277–280 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2659408/?tool=pubmed) – tra l’altro hanno aggirato il problema etico della distruzione di embrioni legato all’uso delle cellule staminali perché hanno riportato cellule epiteliali allo stato embrionale: le cellule così riprogrammate (cellule staminali pluripotenti indotte) sono identiche a quelle staminali derivate da embrioni;

(iii) un risultato simile è stato ottenuto per la sclerosi laterale amiotrofica (morbo di Lou Gehrig) (Dimos JT, Rodolfa KT, Niakan KK, Weisenthal LM, Mitsumoto H, et al. Induced pluripotent stem cells generated from patients with ALS can be differentiated into motor neurons. Science.2008;321:1218–1221  http://www.sciencemag.org/content/321/5893/1218.short)

(iv) tecniche non-invasive di imaging (come la PET, o la risonanza magnetica), e gli studi sul liquido cerebrospinale, possono essere utilizzati per monitorare gli effetti delle terapie sperimentali. Studiando le connessioni neuromuscolari sia in pazienti sani che in pazienti con lesione del midollo spinale, alla University of Miami hanno identificato i meccanismi che sono responsabili del coordinamento dei movimenti dei gruppi muscolari opposti;

(v) proprio alla University of Miami è stato avviato lo Human Spinal Cord Injury Model Project, che oltre alle tecniche di imaging, porta avanti analisi post-mortem sui tessuti del midollo spinale. (Andata a vedere il sito del Miami Project, hanno messo bene in evidenza che si tratta di HUMAN DISCOVERIES)


Non solo nello studio delle lesioni del midollo spinale

Più in generale le tecniche di imaging  sono utilizzate nello studio del cervello umano al posto degli esperimenti sui primati, le colture in vitro di cellule e tessuti umani trovano impiego nella sperimentazione di nuovi farmaci, mentre altri metodi come la ricerca clinica e l’epidemiologia si sono dimostrati efficaci nell’individuazione di meccanismi causali tra esposizione a fattori di rischio e patologie. Inoltre, modelli matematici e speciali software permettono di simulare esperimenti e sono in grado di prevedere gli effetti biologici di alcuni composti chimici.

Tecniche che possono sostituire l’uso degli animali tanto che la John Hopkins University ha creato il Center for Alternatives to Animal Testing. Ed ecco come viene presentato:
We believe the best science is humane science. Our programs seek to provide a better, safer, more humane future for people and animals.
Nel 2012 non è più da visionari immaginare una scienza così.

Per chi è interessato, è disponibile (free of charge) la guida europea sui metodi di ricerca alternativi alla sperimentazione animale. Si può scaricare dal sito del Joint Research Centre. (Grazie a Il chimico impertinente Gifh per la segnalazione!)

Fonti
Giacomo Rizzolatti. I test sugli animali? Perché sono indispensabili. La Stampa 23/05/2012

Thomas R. Gregg and Allan Siegel, Brain structures and neurotransmitters regulating aggression in cats: implications for human aggression. Progress in Neuro-Psychopharmacology and Biological Psychiatry 2001; 25(1):91-140

MA Lemay and WM Grill. Modularity of Motor Output Evoked By Intraspinal Microstimulation in Cats. Journal of Neurophysiologi 2004; 91(1):502-14

VS Boyce and MA Lemay. Modularity of Endpoint Force Patterns Evoked Using Intraspinal Microstimulation in Treadmill Trained and/or Neurotrophin-Treated Chronic Spinal Cats. Journal of Neurophysiology 2009; 101(3):1309-20. 

Bruce JH, MD Norenberg, S Kraydieh, W Puckett, A Marcillo, D Dietrich. Schwannosis: role of gliosis and proteoglycan in human spinal cord injury. J Neurotrauma. 2000;17(9):781-788


Note
1Tenetevelo stretto il gatto di casa, perché in quelle giungle d’asfalto che sono le nostre città, spesso i randagi nonostante la legge finiscono in laboratori sterili e lucidissimi. Nel 2011 un’inchiesta su L’Espresso denunciò un traffico di cani e gatti destinati alla vivisezione: una tratta illecita di finte adozioni che alimenta i laboratori della sperimentazione. Animali randagi che dall’Italia, dalla Spagna, dalla Grecia e dalla Turchia vengono spediti nei paesi del Nord Europa.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao, sono completamente in linea con quanto sopra. Sembra quasi che le alternative siano eretiche, e non valga la pena di considerarle, invece non è affatto così. Da qualche giorno è perfino disponibile gratuitamente la guida europea per la ricerca sulle alternative alla sperimentazione animale. Da scaricare qui: http://bit.ly/Lgzzk8

Mentre se non hai già letto cosa scrivo a riguardo, scusandomi per il possibile effetto spam, ecco qui: http://wp.me/pVgju-yA

Ciao e complimenti per le argomentazioni.

bourbaki ha detto...

Ciao gifh, grazie per il commento, inserisco la tua segnalazione della guida europea direttamente nel post!

Anonimo ha detto...

Hello. And Bye. Thank you very much.

Anonimo ha detto...

Hello. And Bye. Thank you very much.

cristina ha detto...

Buongiorno,
sono una studentessa di psicologia sperimentale e mi trovo d'accordo con questo articolo . All'università che frequento sembra normale la sperimentazione sugli animali ma io sono obiettrice di coscienza: però devo comunque studiare questi esperimenti assurdi e non ci sono molte alternative. Da una parte è meglio conoscere la linea di pensiero di alcuni neurofisiologi per poi controbatterli e proporre line di ricerca alternative. Rizzolatti è uno di quegli studiosi che risulta più accreditato , dato le sue ricerche molto acclamate e all'avanguardia sui neuroni specchio , per i quali ha sacrificato tantissime scimmie antropomorfe. è bene ricordarlo perchè queste linee di ricerca sono oggigiorno ritenute indispensabili e hanno apportato dei risultati positivi per la scienza. Ovviamente non sempre è facile trovare metodi alternativi ma spero in un futuro di ritrovarmi tra chi conduce ricerche senza infliggere dolore e morte agli animali. Garzie per supportare chi ha fatto questa scelta.