mercoledì 21 novembre 2007

Caccia alle balene

Twohumpbackwhalesbreaching

Su una fiancata, a caratteri cubitali, c'è la scritta RESEARCH. Sull'altra il nome: Nisshin Maru. Ottomila tonnellate, è la nave madre a caccia di balene della flotta giapponese di cui fanno parte anche la Toshi-maru e la Yushin-maru, progettate appositamente per la cattura delle balene;la Kyoshin-maru, nave di avvistamento, e la Kyo-maru nave da caccia equipaggiata con arpioni carichi di dinamite- l'agonia a cui va incontro una balena colpita da questi arpioni può durare ore.


Il Giappone ha cessato di cacciare le balene a fini commerciali dal 1987, da quando cioè la caccia commerciale alle balene fu sospesa. Non si dica che il paese del Sol Levante non aderisce alla moratoria; è che da quel lontano anno è partito il programma scientifico di ricerca JARPA, approdato alla fase II nel 2006, per il monitoraggio dell'ecosistema antartico.


Un progetto da centinaia di milioni di dollari che in 18 anni ha prodotto la bellezza di, più o meno, 55 paper (3 all'anno) sottoposti al processo di referaggio. Per avere dati statisticamente significativi con cui pubblicare perle di conoscenza come Fertilizability of ovine, bovine, and minke whales spermatazoa intracytoplasmically injected into bovine oocytes, o arrivare alla conclusione che non si può escludere che le balenottere siano immortali, sono state massacrate 6778 balene. Quest'anno se ne aggiungeranno altre 1035, tra cui 50 megattere, le grandi balene, il suono melodioso degli oceani.
Specie protetta dal lontano 1963.
Una strage inutile per lo stesso International Whaling Commission (ICW) che attraverso lo Scientific Committee ha più volte chiesto al Giappone, inutilmente, di fermare il massacro nel Santuario dell'Oceano Antartico.


Non la pensano così nei "sofisticati laboratori di ricerca" a bordo della Nisshin Maru, allestiti con le attrezzature necessarie alla lavorazione ed alla conservazione della carne di balena- 112 membri dell'equipaggio impegnati su una nave mattatoio che rifornisce il grande mercato del pesce di Tokyo. RESEARCH

A incrociare la rotta della flotta giapponese nel tentativo di fermare il massaccro nel Santuario dell'Oceano Antartico, c'è l'Esperanza, la nave di Greenpeace di cui si può seguire il viaggio attraverso una webcam posizionata a prua e leggere il diario di bordo online. Tra l'equipaggio anche tre italiani: Caterina Nitto, secondo ufficiale, il radioperatore Gionny e Simona, aiuto cuoco, come John Silver, anche se i pirati in questa storia sono altri.

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