lunedì 2 giugno 2008

La leggenda del teschio di cristallo


Una città vale l'altra dietro infinite strisce di pioggia che si staccano da un cielo di piombo.
Poi si attraversa un parco di corsa, finché si trova rifugio sotto un colonnato, stile neoclassico, una porta aperta...
si entra, si entra, su una sobria targhetta... British Museum. E si rimane a guardare la pioggia cadere su una cupola di cristallo.


Cristallo di quarzo, un unico blocco. Artigianato sopraffino. Il collezionista francese Eugene Boban vendette il teschio a Tiffany, il gioielliere newyorkese che poi lo rivendette al British Museum; si pensava fosse un prodotto delle cività pre-colombiane. Il pubblico aveva voglia di vedere e lasciarsi fascinare, i musei erano ansiosi di esporre. Lo racconta un articolo del National Geographic. Si trattava di un traffico di falsi. E una didascalia rivela "Probably European, 19th century AD". Nella sala insieme a un moai e ai quattro cavalieri dell'Apocalisse, in mezzo alla confusione si rimane a fissare le due orbite di ghiaccio. Ma i bene informati giurerebbero. La sera, quando si fa buio e i guardiani se ne vanno, il teschio comincia a ballare all'interno della teca. Allora i lemuri si risvegliano dal segreto delle ombre. Fantasia...


Nella silenziosa e ancora un poco austera sala lettura con lapis e taccuino, a buon mercato, si può far finta di essere Karl Marx, quando viveva a Londra, nella miseria più assoluta. Capita di diventare rivoluzionari, quando si è poveri in canna.

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