L'uso degli animali nella ricerca scientifica è uno di quei temi difficili da mantenere all'interno di un dialogo civile e costruttivo. Ci hanno provato alla University of California Los Angeles (UCLA) dove la Pro-Test for Science (a favore della sperimentazione animale) e la Bruins for animals (contro) hanno organizzato, non senza incontrare difficoltà, una tavola rotonda, Perspectives on the Science and Ethics of Animals Used in Research - coraggiosamente la Bruins for animals ha denunciato alcuni abusi e intimidazioni arrivate da attivisti del movimento animalista.
Si è trattato di un evento importante perché uno dei pochissimi in cui i relatori erano invitati non a screditare la visione altrui, quanto piuttosto a cercare un terreno comune di argomentazione. (Il video del panel lo potete vedere qui sotto -è piuttosto lungo, ci va un po' di tempo, 2 ore e mezzo, e qualche tazza di té). Tra i contrari alla ricerca basata su modelli animali, Niall Shanks, professore di storia e filosofia della scienza alla Wichita State University (Kansas), ha ricordato che gli studi di tossicologia negli animali spesso non riescono a prevedere con precisione le reazioni umane. Un esempio ormai entrato in letteratura è quello del talidomide, un anti-emetico indicato per le donne in gravidanza, messo in commercio alla fine degli anni '50 e ritirato dopo qualche anno per essere stato responsabile di gravi malformazioni neonatali. Il talidomide, che venne messo in vendita dopo prove su animali, non risultava infatti dannoso per gli embrioni di molte specie.
Nel 2006, uno studio di Daniel Hackman, della University of Toronto, pubblicato sul Journal of American Medical Association (JAMA), faceva il punto della situazione sulla significatività pratica dei risultati di esperimenti condotti su animali. Su 76 studi pubblicati tra il 1980 e il 2000, solo 28 sono stati replicati con successo in sperimentazioni cliniche su volontari umani; 14 sono stati contraddetti e 34 sono rimasti non testati. Anche una recente revisione su PLOS delle pubblicazioni relative a sperimentazioni su animali ha evidenziato in generale in questo tipo di ricerche un disegno sperimentale povero e di bassa qualità.
Personalmente amo gli animali e penso che abbiamo degli obblighi morali verso di loro, tanto più che oggi ci sono reali alternative alla ricerca in modelli animali. Un affermazione quest'ultima su cui non sarebbe d'accordo Colin Blakemore -tornando ai panelist alla UCLA - neuroscienziato alla University of Oxford, che ha presieduto il Medical Research Council inglese (in passato è stato anche vittima di violenze da parte di animalisti) e che ben rappresenta la maggioranza del mondo biomedico: si stima che circa 60 milioni di procedure sperimentali, ogni anno in tutto il mondo, che si basano sull'uso di animali. Mentre per quanto riguarda la questione dei diritti, Janet Stemwedel, che insegna filosofia a San José State University California e sostiene la ricerca su animali, ha sottolineato che ad essere più forti devono essere i doveri verso i nostri simili.
Sono passati 35 anni dalla pubblicazione del libro di Peter Singer Animal Liberation; c'è voluto molto più tempo per abolire la schiavitù o l'apartheid. Forse però qualcosa di sta muovendo, eventi come l'appuntamento alla UCLA, nonostante il dialogo non sia facile, sono importanti. E tutto sommato alla fine si può anche essere d'accordo con Colin Blakemore quando afferma che per innovare bisogna avere il coraggio di essere aperti.
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