domenica 2 gennaio 2011

Haiti senza muri e senza voce

Il New York Times ieri aveva un breve ma bell'editoriale su Haiti della scrittrice Kettly Mars, Haiti without wallsMi sono accorto, leggendo, che Haiti da mesi è un paese senza voce, dove le testimonianze dirette di chi vive nei campi per sfollati l'incubo dell'epidemia sono rare.

Trentacinque secondi di scossa tellurica il pomeriggio del 12 gennaio 2010 bastarono per decimare un paese, causando si stima 250.000 morti, 300.000 feriti, lasciando più di 1.3 milioni di senzatetto.

Nel mese di agosto, il Centers for Disease Control and Prevention annunciò che un sistema di sorveglianza nazionale implementato subito dopo il terremoto aveva confermato l'assenza di malattie altamente trasmissibili
Il 20 ottobre, a 55 miglia circa dal campo di sfollati più vicino, si registrarono 60 casi di diarrea acuta nell'ospedale di Saint Nicolas, nella della città costiera di Saint MarcNelle successive 48 ore, al Saint Nicolas arrivarono più di 1500 pazienti con diarrea acuta.


I risultati preliminari dei test di laboratorio il 21 ottobre confermarono che si trattava di colera. 
Dopo almeno un secolo che nell'isola non si registravano più casi, il colera stava emergendo 
in una zona densamente popolata con infrastrutture sanitarie carenti e un accesso limitato all'acqua potabile.
I contorni della epidemia prendevano la forma del corso dell'Artibonite, il grande fiume della regione.
 Gli ospedali della zona centrale di Haiti iniziarono a registrare rapidamente un numero crescente di casi di diarrea acuta.Tra il 20 ottobre e il 9 novembre, Partners in Health registrò 7.159 casi gravi. 


Oggi, tra la stessa popolazione le ipotesi sull'origine del colera variano dalla contaminazione del fiume Artibonite causata dalle forze di pace delle Nazioni Unite, ai cambiamenti climatici, a riti voodoo. In mancanza di chiarezza, la paura e il sospetto hanno portato alla violenza.


L'ansia della popolazione è poi amplifica dalle proiezioni catastrofiche sul corso dell'epidemia della Pan American Health Organization, che tuttavia non sono servite finora ad organizzare in maniera efficace gli aiuti. Molti di questi si sono concentrati nella capitale Port-au-Prince, mentre nelle zone rurali operatori sanitari inesperti sono stati spesso lasciati senza supporto.


Come può essere che ad Haiti ci siano 12.000 ONG eppure si contino almeno 2.500  vittime di colera, una malattia facilmente gestibile? si è chiesto Unni Karunakara, il presidente di Medici senza Frontiere in un articolo sul Guardian:
l'organizzazione internazionale degli aiuti non è riuscita a evitare morti inutili, in una popolazione già tragicamente colpita da altre catastrofi.
Se la comunità internazionale, a partire dal WHO, non riesce a gestire una malattia curabile in un piccolo paese con meno di 10 milioni di abitanti, come riuscirebbe a far fronte a una pandemia con un alto tasso di mortalità?


Link
Responding to Cholera in Post-Earthquake Haiti, New England Journal of Medicine


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