
Mi piacerebbe se chi ha portato, al fondo di un sentiero sporco, quel pianoforte tornasse ogni sera a sedersi davanti alla tastiera e suonare. Suonare attraverso la notte e le stagioni; curvarsi e martellare le corde, estrarre dall'armonica una babele di suoni per renderli liberi. Suonare mentre l'inverno gonfia d'umidità il legno dolce della tavola, e mescolare nell'aria pungente una melodia sempre più cristallina, fino a che le ultime note rimaste sono una marcia da requiem che svanisce nel bosco.
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