venerdì 3 dicembre 2010

Università come Protezione Civile SpA

Altri editoriali pubblicati sui grandi quotidiani nazionali a favore della riforma. Avranno ragione? Per farsi un'idea l'importante è sentire la voce non solo dei sostenitori ma anche di chi protesta.

Ieri Michele Ainis ha scritto sul Sole 24 ore- sebbene in maniera meno acritica di Irene Tinagli su La Stampa -un articolo dal titolo Con la riforma un futuro migliore.

Di come la riforma non risolva, ed anzi aggravi a questione del reclutamento dei ricercatori

con quella cosa chiamata tenure track che non è nemmeno una lontana parente della tenure track americana, avevo scritto qui. Tra parentesi anche Michele Ainis sostiene che può "far storcere la bocca il primo livello del reclutamento, che trasforma i ricercatori in altrettanti precari, e gli sottrae perciò l'indipendenza intellettuale. "

Sull'altra questione centrale - il nuovo modello di governance degli atenei - vale invece la pena leggere questo intervento di Alessandro Pezzella, coordinatore della Rete29aprile, pubblicato ieri sul Fatto Quotidiano dal titolo emblematico La Riforma Gelmini come la Protezione Civile SpA. Ecco uno stralcio.

[...] questa riforma dell'università ha lo stesso codice genetico di Protezione Civile S.p.A. Si vuole cioè rendere disponibile o più disponibile una grande risorsa pubblica per gli interessi di pochi.

Il metodo è sempre lo stesso. C'e'una situazione difficile, l'università italiana è piena di problemi che la assediano, se ne fa un utile capro espiatorio per le difficoltà socio economiche del paese, si offre una via di uscita: introduzione di scorciatoie e meccanismi per il controllo delle risorse dalle università, esautorazione delle rappresentanze interne elettive negli organi di governo, imposizione di una struttura verticistica.

In sintesi: c'è emergenza, il sistema non funzione, lasciate fare a noi che non possiamo perdere tempo con controlli, condivisioni di scelte gestionali e politiche di didattica e ricerca. Protezione Civile S.p.A. in altra salsa.

Si leggono bene in quest'ottica tutti i principali interventi della riforma:

- ridefinizione del rapporto tra Senato accademico e consiglio di amministrazione, che vede il primo ridotti ad organo di cui al massimo si deve ascoltare il parere;

- introduzione nei cda di soggetti esterni alle università, per di più nominati e non eletti;

- eliminazione di figure a tempo indeterminato come i ricercatori con prevedibili ricadute nelle loro capacità di incidenza sulle scelte di indirizzo scientifico e didattico degli atenei.

La lista potrebbe continuare, ma il comune denominatore è lo stesso: ridurre la capacità di controllo delle università sulle risorse loro destinate.

Risorse che in ogni caso sono ridotte drasticamente e questo anche con la consapevole conseguenza di portare molti atenei nella condizione di emergenza che appunto giustifica poi la "riforma esautorante".

Le conseguenze?

Le dirette: università pubblica piu piccola, ridotta offerta formativa (in un contesto in cui dovrebbe crescere), ridotta capacità di innovazione.

Le indirette: incremento delle iscrizioni alla università non pubbliche, ridimensionamento di un comparto occupazionale, facilitazione dell'accesso a risorse pubbliche per soggetti privati.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho voluto pubblicare qualcosa di simile sul mio sito e questo mi ha dato un'idea. Cheers.

bourbaki ha detto...

cheers :)