lunedì 3 gennaio 2011

La realtà di cartapesta secondo Mario Monti

E va bene che è un editoriale del Corriere della Sera/Riforma Gelmini avanti tutta, cioè sul giornale su cui non si è mai letta una parola di critica nei confronti della riforma dell'Università, ma l'autore è anche Mario Monti, da cui ci si aspetterebbe un minimo di autorevolezza.
O forse più banalmente di questi tempi ci si accontenterebbe anche solo di leggere qualcosa di aderente alla realtà, e non di un'illusione prodotta da una politica malata.
Ecco cosa scrive Mario Monti sulla difficoltà di fare le riforme nel nostro paese.
Questo arcaico stile di rivendicazione, che finisce spesso per fare il danno degli interessi tutelati, è un grosso ostacolo alle riforme. Ma può venire superato. L'abbiamo visto di recente con le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un po' ridotto l'handicap dell'Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili.
Cosa c'è di strano in questa frase? che non corrisponde al vero. Monti parla dell'handicap dell'Italia nel formare studenti e nel fare ricerca (lascio perdere il fabbricare automobili). Non è complicato, volendo, andare a vedere qual è lo stato della ricerca italiana a livello internazionale; chiunque ha a disposizione gli strumenti per capire se abbiamo veramente un handicap o queste sono solo frasi di circostanza.

La basedati Scimago, per esempio, permette di fare qualche confronto sia tra i diversi paesi. E cosa risulta? Potere guardare voi stessi a questo link: la ricerca italiana (i dati sono riferiti al 2008) è stabilmente ottava per numero di pubblicazioni e numero di citazioni dietro ovviamente US e UK, Giappone, Cina, Germania, Francia e Canada. Se poi andiamo a vedere l'H index (un indice bibliometrico che misura la qualità degli articoli scientifici sulla base del numero di citazioni) saliamo al settimo posto. Se andiamo a vedere come si comporta la nostra ricerca nel settore biomedico, vediamo che per numero di citazioni siamo al quinto posto, davanti alla Francia. E così accade negli altri settori, nei quali rientriamo nelle prime 10 posizioni.


E quanto investono gli altri paesi nella ricerca? Tra i paesi più orientati alla ricerca, l'Italia è all'ultimo posto come % di PIL speso in Ricerca e Sviluppo. Ci sono molti paesi, Spagna, Olanda, Australia, Svezia, Belgio, etc., che spendono di più ma producono ricerca scientifica sia in termini di quantità che di qualità meno dell'Italia. Una buona sintesi di questi dati la potete trovare qui (The Scientific Impact of Italy). In sintesi:
- l'Italia è al 15° posto per %PIL investito in ricerca e sviluppo (R&D);
- l'Italia è al 9° posto per spesa assoluta in ricerca e sviluppo;
- l'Italia è all'8° posto come impatto scientifico (esale al 5° e al 6° posto in cinque settori disciplinari)

Gli indici utlizzati a livello internazionale per valutare la ricerca scientifica non evidenziano particolari handicap da parte della ricerca italiana.
Questa sintesi (9° posto per spesa in  ricerca e sviluppo e 8° posto per impatto) ci dice che la ricerca italiana raccoglie quel che semina, ed anzi rispetto allo sforzo economico sostenuto per finanziarla è più efficiente di Germania, Francia, US, Canada, Korea e Giappone.

Anche per quanto riguarda la formazione degli studenti i dati sono chiari. L'Italia si colloca al 16° posto per spesa media per studente: spendiamo meno di Svezia, Svizzera, UK, Germania, Giappone, Spagna, Australia, Francia, Belgio, etc. ovvero i nostri principali concorrenti. In termini di % PIL investito nell'educazione universitaria, solo il Brasile spende meno dell'Italia, e con i tagli imposti dalla riforma Gelmini ci contenderemo l'ultima posizione.

Del resto all'estero non sembrano disprezzare la preparazione dei laureati e dei ricercatori italiani, e con questa riforma avranno probabilmente modo di apprezzerarla ancora di più.

La cosa a suo modo è anche comica perché lo stesso Monti poche righe sotto aggiunge:
Egli [Silvio Berlusconi, ndb] è riuscito ad alimentare, in moltissimi italiani, un sogno sul presente, per il quale la verifica sulla realtà dovrebbe essere più facile. Molti credono che oggi, in Italia, ci sia davvero un pericolo comunista (non solo quell'eredità di cui si è detto sopra, che ostacola le riforme). Molti credono che i governi Berlusconi abbiano davvero portato una rivoluzione liberale [...].
Soprattutto, di fronte al magnetismo comunicativo del premier, molti credono che l'Italia — oltre ad avere, anche per merito del governo, riportato indubbiamente meno danni di altri Paesi dalla crisi finanziaria — davvero non abbia gravi problemi strutturali irrisolti, anche per insufficienze di questo e dei precedenti governi. 
Le illusioni e il sogno che vivono i moltissimi italiani, compreso l'autore dell'articolo?

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