lunedì 28 maggio 2012

L’Italia che cambia e si disunisce anche nella salute


La mortalità è considerata l’indicatore più importante che fotografa lo stato di salute, o “il bisogno” di salute come dicono gli epidemiologi, di una popolazione.  Ecco allora una picture in motion del bisogno di salute del nostro paese.
Nei suoi primi 100 anni l'Italia si unisce: le differenze tra regioni si riducono
Trascurando la mortalità precoce (prima dei trent’anni) e considerando le  malattie cardio-vascolari e tumorali (le malattie cronico-degenerative a maggiore incidenza), le regioni italiane all’inizio del Novecento mostrano notevoli differenze, con il Sud in condizioni migliori rispetto al Nord grazie al ruolo protettivo della dieta mediterranea.
Poi, come tutti i paesi dell’Europa occidentale, anche in Italia le cose migliorano: aumenta la speranza di vita, inizialmente grazie alla diminuzione della mortalità infantile e successivamente grazie a un miglioramento generale delle condizioni di vita, e le differenze tra le regioni progressivamente si riducono.


Dopo il boom economico l’Italia si disunisce e si osservano profili di mortalità divergenti per regione


Il boom economico è il motore delle migrazioni interne nel secondo dopoguerra: dal Sud si emigra al Nord e in questo rimescolamento di persone si mischiano anche i profili di rischio delle generazioni allora in età adulta. Questo è anche l’unico periodo nella storia del paese in cui il prodotto interno lordo per abitante cresce quasi alla pari nelle diverse macro-aree italiane (del 4.6% al Sud contro il 4.8% al Nord)(vedi fig. 6.3 p. 221 in: In ricchezza e in povertà. Il benessere degli italiani dall'Unità a oggi).


I primi segnali di ciò che ci aspetta nel futuro li cogliamo proprio dalle generazioni nate in questo periodo. Da una speranza di vita di soli 29 anni nel 1871, siamo balzati agli 82 del 2011: siamo il quarto Paese con la vita media più lunga, dopo Giappone, Svizzera e Australia; un risultato conquistato, non bisogna dimenticarlo, anche grazie a una generosa spesa pubblica, che si attesta oggi al 40% della spesa totale.





Ma ci sono anche ombre. Nella generazione nata negli anni del boom si osservano profili di salute divergenti per regione: tutte le regioni occidentali e tirreniche mostrano una situazione in evoluzione negativa rispetto alle regioni Nord-orientali ed adriatiche. Il paese si sta dividendo sulla salute dei suoi cittadini.


In Lombardia, Liguria, Emilia Romagna compare una tendenza al peggioramento. Ma sono la Campania e il Lazio (Napoli e Roma) che emergono come le regioni più critiche, insieme alla Sicilia che mostra una tendenza in crescita della mortalità che la porterà a breve sopra la media nazionale. E Lazio, Campania e Sicilia insieme rappresentano più dei due terzi dei disavanzi della spesa sanitaria nazionale negli ultimi anni.


Napoli e la crisi dei rifiuti


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Figure. Illegal dumping in Italy's “Triangle of death”, east of Naples in southern Italy, is a potential health risk for many people in the Campania region.


La definizione triangolo della morte apparve per la prima volta nell'agosto 2004 sulla rivista scientifica The Lancet Oncology in un articolo di Kathryn Senior e Alfredo Mazza (CNR di Pisa), dal titolo: Italian “Triangle of death” linked to waste crisis ( di cui si può leggere la traduzione in italiano, curata dell’Istituto Superiore di Sanità, Il "Triangolo della morte" italiano collegato alla crisi dei rifiuti).


Nel triangolo Acerra-Nola-Marigliano abitano circa 550.000 persone e l’indice di mortalità (numero di morti l'anno per ogni 100.000 abitanti) per tumore al fegato sfiora il 38.4 per gli uomini e il 20.8 per le donne, contro una media nazionale pari a 14 per gli uomini e 6 per le donne.  La mortalità è più alta che nel resto d’Italia anche per quanto riguarda il cancro alla vescica e il sistema nervoso, a fronte di una mortalità generale per tumori che in Campania è  inferiore della media italiana.


Uno studio del 2007 del WHO, dell’Istituto Superiore di Sanità, del CNR e della Regione Campania ha monitorato in 196 comuni campani la mortalità per tumori e le malformazioni congenite nel periodo dal 1994 al 2002.  Lo studio ha evidenziato che la “mortalità per tutte le cause è risultata in eccesso significativo per gli uomini del 19% nei comuni della provincia di Caserta e del 43% nei comuni della provincia di Napoli; per le donne del 23% nella provincia di Caserta e del 47% nella provincia di Napoli”.  Sono stati inoltre riscontrati eccessi di malformazioni congenite. “Le zone a maggior rischio identificate negli studi sulla mortalità e sulle malformazioni congenite in buona parte si sovrappongono e sono interessate dalla presenza di discariche e siti di abbandono incontrollato di rifiuti”.


Ma il limite intrinseco di questi studi epidemiologici sta nella difficoltà di stabilire se la corrispondenza tra l’eccesso di patologie tumorali e l’esposizione legata allo smaltimento dei rifiuti sia di natura causale e, nel caso, di stimare l’entità di tale impatto.


E’ però vero che i dati sull’incremento dei tumori e della mortalità in Campania stanno raggiungendo dei livelli esponenziali. Una ricerca dell’Istituto Pascale di Napoli ha provato a tracciare una mappa dell’incidenza dei nuovi casi di tumore. Secondo i dati espressi, in provincia di Napoli si è avuto un incremento dei tassi di mortalità del 47% per gli uomini e del 40% per le donne; mentre a Caserta c’è stato un incremento del 28,4%  negli uomini, e del 32,7% per le donne: “si registra un aumento drammatico per alcuni tumori, in netta controtendenza non solo con i dati italiani ma anche con i dati registrati nelle altre province della regione Campania”.


Sicilia


Le malattie cardiovascolari sono responsabili di circa il 25% della mortalità generale e sono le cause di morte più frequenti in Italia. In Sicilia la mortalità per malattie circolatorie, ed in particolare per patologie cerebrovascolari, è tra le più elevate del resto del Paese.


Tra le principali cause di morte ci sono inoltre il diabete (specie nelle donne) e i dati evidenziano una prevalenza di persone in sovrappeso e obese proprio nelle regioni meridionali (Sicilia e Campania in testa).


Le patologie oncologiche pur avendo una minore incidenza rispetto al resto del paese si avvicinano ai livelli di mortalità nazionali per quei tipi di tumori per i quali ci sono efficaci interventi di prevenzione e trattamento (come il tumore dell’utero e della mammella) che evidentemente la sanità regionale non riesce a programmare.
Non sempre noti e facili da evidenziare sono gli effetti dell’inquinamento ambientale specie nelle aree industriali ad alto rischio (Augusta-Priolo, Milazzo e Gela).


Lazio


A evidenziare le criticità della sanità in Lazio basta forse mettere in fila i titoli degli articoli di giornale:

Allarme neonati prematuri: nel Lazio mancano 20 letti di terapia intensiva. Molti piccoli pretermine non possono essere assistiti negli ospedali dove nascono: trasferimento aumenta rischio di decessi. 

La mortalità neonatale nel Lazio è inaccettabile: La situazione della mortalità infantile sta diventando particolarmente critica nel Lazio che, negli ultimi 20 anni è passato, tra le regioni italiane, dal 12° al 6° posto (preceduto solo da Calabria, Sicilia, Basilicata, Puglia e Campania).


Secondo un rapporto della CGIL, le criticità  principali dei servizi di emergenza romani risiedono nel fatto che il Pronto Soccorso in particolare e l’Ospedale più in generale, rappresentano spesso l’unica risposta disponibile del territorio e su questi si scaricano situazioni che potrebbero trovare risposte meno costose e più adeguate in altre strutture. Le anomalie strutturali sono costituite dall’eccesso di presidi ospedalieri e di operatori privati accreditati (spesso religiosi) la cui attività si sovrappone a quella pubblica, mentre alcune delle criticità sono dovute all’inappropriatezza dei servizi e delle prestazioni. Dal punto di vista territoriale poi le strutture si concentrano prevalentemente nella città di Roma, dove operano numerosi istituti religiosi, mentre nelle altre province trovano collocazione solo presidi a gestione diretta e piccole case di cura private accreditate.


Se nella città di Roma si ha complessivamente un eccesso di posti letto, a livello di singola ASL e di singolo municipio la situazione è a macchia di leopardo con zone in cui si accentrano moltre strutture come nel centro storico e nella zona nord, e zone carenti come il quadrante est. Molto probabilmente i servizi sanitari non hanno seguito di pari passo i flussi demografici e lo sviluppo urbanistico del territorio. E la mancanza di razionali scelte di programmazione, organizzative e gestionali, nel corso degli anni ha portato a scenari finanziari problematici con conseguenze nell’offerta, nell’accesso e nella qualità dei servizi erogati.





Riferimenti


Giovanni Vecchi, In ricchezza e in povertà. Il benessere degli italiani dall'Unità a oggi, Il Mulino 2011



Annibale Biggeri, Evoluzione del profilo di mortalità: l’Italia che cambia, Epidemiol Prev 2012; 36: aprile, pagine: 5-5



Giorgio Cerquetani, I servizi ospedalieri e socio-sanitari nella periferia metropolitana (Dipartimento Welfare CGIL Roma e Lazio)

Osservatorio nazionale sull salute nelle regioni italiane


Relazione Sanitaria 2009-2010

Piano Sanitario Regionale (Sicilia)

Cittadinanza attiva


Istituto Superiore di Sanità, Studio SENTIERI: presentati i risultati dell'analisi della mortalità in 44 siti inquinati italiani

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