lunedì 6 maggio 2013

I wet markets cinesi e il virus H7N9

I risultati di uno studio su 4 pazienti che hanno contratto l'influenza H7N9 a Zhejiang evidenziano
un trasmissione del virus da animali-uomo. I 4 pazienti sono stati esposti, per motivi lavorativi, al contatto con pollame: uno era un cuoco, un secondo ha macellato polli e due hanno comprato carne di pollo in uno dei tanti mercati cinesi in cui il pollame viene macellato sul posto. Ciascuno di loro ha sviluppato i sintomi dell'influenza H7N9 tra i 3 e gli 8 giorni dopo il contatto con il pollame.

Osservando la curva epidemiologica dell'infezione, la diminuzione nel numero di nuovi casi 
 è immediatamente successiva la chiusura dei mercati a Shanghai, Nanjing e Hangzhou avvenuta a metà aprile.

Credits: Bloomberg

In metà dei casi osservati, i sintomi sono comparsi a 6 giorni dall'infezione.  Questo significa che la chiusura dei mercati ha ridotto il rishio di contrarre il virus H7N9. E il 5 maggio anche tutti i mercati di pollame nella provincia del Guandong sono rimasti chiusi.

I numeri del settore sono impressionati. Negli ultimi 5 anni, il mercato avicolo è cresciuto a un tasso annuo del 7.7% arrivando a produrre un giro d'affari del 75.3 miliardi di dollari.

In Cina, circa il 60% della produzione di pollame proviene da piccole aziende agricole a conduzione familiare. Siamo nella provincia cinese, e le piccole aziende spesso sono i cortili delle case dei contadini dove i polli vengono allevati insieme ad altri animali domestici. In molte aree rurali l'allevamento di animali è stato a lungo incoraggiato come metodo per aiutare i contadini a incrementare il loro reddito. Ma le vaccinazioni e le condizioni igieniche della macellazione non possono essere garantite a questa scala aziendale, come è anche difficile monitorare per esempio l'uso di antibiotici.

Circa l'80% del settore agricolo è fatto da queste piccole aziende a conduzione famigliare e il grande numero
di piccole aziende è il maggior ostacolo all'organizzazione, al monitoraggio e la definizione di standard 
produttivi di qualità. L'espressione diretta di questo metodo di allevamento sono i cosiddetti "wet markets", i mercati in cui i contadini portano i loro animali vivi e li macellano sul posto. Nonostante questo canale di distribuzione della carne sia in declino, i wet markets rimangono tuttavia molto diffusi nelle città più piccole e sono presenti anche in metropoli come Shanghai.

In realtà, per il momento la questione importante rimane quella di capire quale sia la principale riserva di questo virus. Mentre i mercati sono una delle ragioni di diffusione del virus è però importante capire quali e quanti sono gli animali infettati e il meccanismo di trasmissione.


Links:

mercoledì 1 maggio 2013

Origine del virus H7N9


Il primo caso di H7N9 

San Valentino, 14 febbraio. Allo Shanghai No 5 Hospital il primo di tre ricoveri dei membri della famiglia Li: 
due fratelli di 55 e 69 anni insieme a loro padre, 87 anni, ricoverato il 18 febbraio.
Il 19 febbraio la diagnosi, per tutti e tre, è di polmonite. 
 Il più giovane dei due fratelli muore a fine mese; l'altro ce la fa a guarire. Nessuno
dei due risulta positivo all'H7N9; il fratello sopravvisssuto rifiuta però di rifare una seconda volta il test.
Loro padre muore il 4 marzo, 14 giorni dopo essere stato ricoverato.
Quello di Mr Li (anni 87) è il primo caso confermato di H7N9

Intanto altri casi si registrano a Shanghai (Mr Wu, un macellaio di 27 anni), nella provincia di Jiangsu
 e a Chuzhou City (provincia di Anhui) a 322 km da Shanghai.  
Il 31 marzo la Commissione per la salute nazionale e la pianificazione famigliare cinese notifica al WHO tre casi
di influenza H7N9.

Ad oggi il virus è stato identificato in 6 provincie e città municipali cinesi (Shanghai, Anhui, Jiangsu, Zhejiang, Pechino e Henan),
e a Taiwan è stato identificato il primo caso oltre frontiera.

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Immagine: H7N9 Infographic (to 1 May 2013) da Random Analytics 

Secondo un report pubblicato su Lancet, allo stato della conoscenza attuale è la prima volta che il sottotipo influenzale H7N9 infetta l'uomo. 


Cos'è un sottotipo influenzale

Il virus dell’influenza è distinto in tipo A, tipo B e tipo C. Il virus A (quello di cui stiamo parlando) circola nell’uomo e negli animali ed è responsabile 
delle epidemie stagionali e delle epidemie pandemiche. Il virus B, come anche il tipo C, è presente solo nell’uomo, ma mentre il B può essere causa 
di piccole epidemie, il C dà luogo solo ad infezioni asintomatiche e non provoca epidemie.

Il virus influenzale, indipendentemente se A, B o C, presenta un involucro che contiene due proteine, l’emoagglutinina (H) e la neuroaminidasi (N),
 che controllano l'infettività del virus.  L'emoagglutinina è la proteina che codifica l’attacco virale; la neuraminidasi è la proteina che serve per la 
diffusione delle particelle virali all’interno della cellula ospite.
Queste due proteine di superficie sono caratterizzate da instabilità genetica e possono subire mutazioni minori (drift) resposabili delle epidemie
 stagionali o mutazioni più estese (shift) che possono portare ad un riassortimento con comparsa di virus nuovi.

Le mutazioni genetiche a carico dell’emoagglutinina e della neuraminidasi determinano i sottotipi del virus influenzale A. 
Attualmente negli uccelli selvatici sono stati isolati 16 differenti tipi di H e 9 differenti tipi di N. Questi animali sono considerati la riserva
di tutti i sottotipi di virus influenzale. 


Origine del sottotipo H7N9

L'analisi del genoma del virus H7N9, pubblicata sull report di Lancet,  ha portato alla conclusione che questo nuovo virus potrebbe essere il riassortimento di almeno
quattro virus diversi: la proteina di superficie H  potrebbe derivare dal virus dell'influenza aviaria circolante tra le anatre;
anche per la proteine N si ipotizza un'origine nelle anatre (o negli uccelli selvatici); mentre almeno due virus del pollame del sottotipo H9N2 
potrebbero essere coinvolti per i geni interni. 

I virologi cinesi hanno avanzato un'ipotesi di come potrebbe essere avvenuto il riassortimento dei virus.
Il sottotipo H9N2 che circolava nel pollame e nelle anatre della Cina orientale si è probabilmente riassortito con i sottotipi 
dell'influenza aviaria circolante tra le anatre H7 
(presente nei virus degli uccelli selvatici e delle anatre) e N9 (che potrebbe derivare da un virus presente in Europa che poi attraverso 
la migrazione degli uccelli selvatici verso l'est asiatico è passato alle anatre).
Si sarebbe creato così il nuovo sottotipo H7N9. 
Dopo questi eventi di riassortimento, che molto probabilmente hanno avuto luogo a Shanghai o nelle province limitrofe di Zhejiang o Anhui,
il nuovo virus ha iniziato a circolare nei polli. 

lunedì 29 aprile 2013

Dalla Cina H7N9: il nuovo virus influenzale


Un mese fa non se ne sapeva ancora nulla. Poi dal web sono arrivate le prime notizie. La prima in assoluto è del 31 marzo.
Come sempre in questi casi il comunicato è secco: due persone morte a Shanghai di influenza aviaria. 

Non stiamo parlando dell'H5N1 o dell'H1N1, i virus influenzale che ha creato un allerta mondiale esattamente quattro anni fa. Ma Esattamente come l'H1N1, questo nuovo ceppo di virus dell'influenza A ha fatto la sua  improvvisa comparsa nel mese di aprile.
Siamo alla vigilia di una nuova pandemia?

Qui sotto sono riassunti tutti i numeri dell'H7N9 finora noti. Se ci fermiamo al numero 18.5% di casi mortali, l'H7N9 appare come terrificante (come termine di paragone, la Spagnola del 1918 ha avuto un tasso di mortalità del 2%, un ordine di grandezza in meno!). Ma durante una teleconferenza il 5 aprile, Tom Frieden, direttore del Center for Disease Control and Prevention, ha osservato che potrebbe essere centinaia le persone infettate in maniera lievem cosa che abbasserebbe drasticamente  quel tasso del 18.5%.
 
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Questa considerazione porta subito al secondo elemento in base al quale viene valutata la pericolosità di un nuovo ceppo influenzale: 
la capacità del virus di trasmettersi da persona a persona. 

Finora per la maggior parte delle persone contagiate si è riusciti a stabilire un collegamento con l'industria del pollame. Pare che il contatto diretto con pollame vivo in Cina sia il principale fattore di rischio. Solo nel caso di un contatto molto stretto (come nel caso di malti curati da famigliari) la trasmissione può verificarsi da uomo-a-uomo. Certo, il virus può mutare per adattarsi al nuovo ospite e potersi trasmettere  
ma finora non c'è evidenza che questo stia accadendo. 

Ciò che per il momento preoccupa di più è il fatto si tratta di una variante nuova per la quale c'è poca immunità preesistente ad essa: il nostro corpo non sa come combatterla. 

A 5 settimane dai primi casi segnalati di H7N9, periodicamente su questo blog cercheremo di dare qualche informazione.

sabato 6 ottobre 2012

Big data, big issue


Significance. la rivista dell’American Statistical Association, è uscita ad agosto con un’edizione speciale interamente dedicata a Big Data.
L’espressione Big Data, di quando in quando ha fatto capolino nei media: se ne è parlato a proposito della campagna elettorale americana in un articolo di Gianni Riotta su La Stampa, se ne è intravista l’ombra dietro la scoperta del bosone di Higgs
Ninety per cent of the data stored in the world today has been created in the past two years. This is the big data revolution.
Per farvi un’idea della quantità di dati di cui stiamo parlando: ogni collisione di particelle creata nell’acceleratore di particelle del CERN di Ginevra produce circa 1 MB di dati. Nell’esperimento del bosone di Higgs, il Large Hadron Collider ha prodotto qualcosa come 600 milioni di collisioni al secondo che vuol dire qualcosa come 10 seguito da 14 zeri (100.000.000.000.000) o se volete cento mila miliardi di bytes al secondo (per gli amici delle potenze del dieci, un petabyte), o se volete l’equivalente di 200.000 DVD da 5GB al secondo. L’esperimento di Ginevra è durato 3 anni.

Al CERN, un enorme insieme di dati ha cambiato la nostra comprensione dell’universo, ma molti altri dataset di dimensione simile, o anche più grandi, sono utilizzati per (i) replicare la dinamica di reti complesse (le reti dei sistemi nervosi, le reti metaboliche ma anche le reti di sinonimi); (ii) capire gli umori di un paese  (attraverso l’analisi dei tweets); (iii) ridisegnare le città attraverso una migliore integrazione dei servizi (SMART cities). Solo per fare qualche esempio.

Nel campo della tecnologia e della scienza, Big data sta cambiando ogni cosa. Questo data tsunami non è creato soltanto da un eccezionale volume di dati. I dati tradizionali sono numeri. Questa enorme quantità di informazioni è, certo, digitale ma è generata da qualsiasi tipo di hardware e software: è testo, video, tweets, pagine di Facebook, non solo numeri,  e richiede nuovi metodi di analisi, un modo nuovo di pensarli e utilizzarli.

L'idea, semplice, al cuore di Big data è che "data beats math", i dati hanno la meglio sulla matematica; in altre parole che algoritmi previsionali che girano su un campione di dati, non possono essere così accurati come le analisi fatte su tutti i dati.

La divertente discussione sulle mappe di Apple che impallidiscono in confronto a Google Maps, alimentata dagli utenti di iOS 6 che sono costretti a utilizzare il prodotto Apple, è un perfetto esempio del fatto che ciò che realmente conta sono i dati e non gli algoritmi, un esempio di "data beats math" in azione. Perché? Perché Google Maps ha il vantaggio, al momento insormontabile per la Apple, di utilizzare i dati storici dei percorsi scelti dai suoi utenti ed usa queste informazioni per dare le sue raccomandazioni.
Invece, il dataset di dati di cui Apple dispone è infinitamente più piccolo e quindi fornisce risposte meno accurate. Fino a quando Apple non accumulerà abbastanza dati storici per competere con Google, il suo prodotto sarà inferiore perché dovrà necessariamente tentare di indovinare il percorso migliore fidandosi dei suoi algoritmi. E tentare di indovinare non è proprio il massimo.

Big data è un cambiamento di paradigma, e naturalmente si porta dietro l’importante questione della privacy, che è sempre fonte di grandi tensioni: come garantirla e come ripensarla.  


Riferimenti

Batty M, 2012, "Smart cities, big data" Environment and Planning B: Planning and Design 39(2) 191 – 193

Cardanobile S, Pernice V, Deger M, Rotter S (2012) Inferring General Relations between Network Characteristics from Specific Network Ensembles.PLoS ONE 7(6): e37911. doi:10.1371/journal.pone.0037911

Hardy Q. Rethinking privacy in an Era of Big Data. Bits, New York Times.

Lampos V and Cristianini N: Nowcasting Events from the Social Web with Statistical Learning. ACM Transactions on Intelligent Systems and Technology (TIST) Vol. 3, No. 4, 2011

lunedì 27 agosto 2012

Footprints on the Moon

Footprints on the Moon (Posted by Claire L. Evans on August 26, 2012, Universe)
Yesterday we lost Neil Armstrong, an accidental hero, thrust by fate onto a rock in the sky. Many dreamt of walking on the moon before he did, and a few men did after him. He happened to be the first. Hopefully many more men, and women too, will echo his iconic footsteps in the future. Perhaps even future space tourists will huddle around Tranquility base, laying nostalgic 60s filters over their high-resolution snapshots of an upended American flag from a long-ago mission.

William Blake's 'I want! I want!' (1793)

The real triumph of the Apollo program was its unforeseen shift in tone; driven by a desire to objectively beat the Soviets down to the wire–most Americans don’t know the unmanned Russian craft Luna 15 was beginning its descent just as Armstrong and Aldrin were tromping about the moon’s surface–and catalyzed by feverish nationalism, it instead precipitated dreamy wonder in its participants and the millions who watched the ghostly images from below.

The Appollo 11 mission would have been impossible today. It was too quick and dirty, too risky. Today, wiser, we send robots ahead of us. 

Did you know NASA accidentally erased the original moon landing footage during routine magnetic tape re-use in the 1980s? The footage the world saw on television that July day in 1969 was actually taken of a slow-scan television monitor and re-broadcast, picture quality reduced. The space between the primacy of that moment–in Armstrong’s life and in the narrative of the 20th century–is obscured a layer of irretrievable analog decay, time, and distance. Now death, too.

Neil Armstrong said a great many beautiful things about his experiences. Most astronauts did. Going to the moon has a tendency to turn test pilots into poets. That matter of cortex-shifting is called the Overview Effect

NASA’s Curiosity Rover is wonderful, and has already proven a robot’s capacity to ignite the global imagination, but it cannot perform the simple acts of grace that can be the lasting effects of a mission to space. Perhaps we should invent poetry engines, rovers equipped with algorithms that can turn vaporized soil samples into poignant insights.

Riferimenti
 'I want! I want!' (1793) by William BlakeAlastair Sooke examines Blake's endearing engraving documenting the stages of man's life

venerdì 6 luglio 2012

Luoghi perduti: The American Midwest


Today is Friday again, and as almost Friday this means another time in some forgotten place.
Non pensavo che tante città, o intere parti di città, potessero essere abbandonate. Fabbriche dismesse, case disabitate, qualche piccolo villaggio: non sorprende. Ma quando migliaia di persone lasciano un’intera città o quasi…

Sono principalmente due le ragioni per cui le persone all'improvviso o a poco a poco lasciano il luogo in cui hanno vissuto per anni o per generazioni: la presenza di un pericolo, che li fa allontanare, o dei fattori economici che li portano a cercare una vita diversa, altrove. Il maggior numero di città e villaggi abbandonati si trova nei paesi dell'ex URSS e negli States.

They don't call it the Rust Belt for nothing

Ci eravamo persi di vista a Chicago South Side, do you remember? Il Midwest americano è pieno di luoghi abbandonati: they don't call it the Rust Belt for nothing…


Gary, Indiana: the Jackson 5’s city

A soli 30 minuti da Chicago’s South Side, ecco Gary, Indiana.
Per molto tempo è stata una città ricca, grazie alla produzione ed al commercio dell’acciaio, un business apparentemente senza fine. Certo, al massimo del suo splendore non poteva dirsi effervescente come New  Orleans o San Francisco - nel1971 Edward Greer scriveva che "in silhouette, the skyline of Gary, Indiana, could serve as the perfect emblem of America's industrial might”: ciminiere al posto di grattacieli. 

Gary era in sostanza una città solidamente operaia ma non povera. La maggior parte dei abitanti di Gary possedeva la propria casa ed anche il reddito medio era superiore del 10% alla media nazionale. La  sua prosperità sembrava solida.

Quando fu fondata, nel 1906, era un buon posto per trovare lavoro: era una città costruita da e per l’acciaio. Letteralmente. Gary fu creata da e per la US Steel Corporation, al cui fondatore deve anche il nome.La più grande città del ventesimo secolo progettata a tavolino. Dura e resistente come i metalli che produceva, è sopravvissuta alla Grande Depressione, ha allontanato da sé gli anni della guerra, ed è passata attraverso gli anni ‘50.

E’ nel corso degli anni ‘60 che l’acciaio, la linfa della sua vita brillante, si rivelò la sua rovina, quando la produzione si spostò in Cina, India e quei paesi che offrivano manodopera a basso costo. Oggi a Gary, tutto sussurra quello che prima era.



David Tribby, ha fotografato l’abbandono di questa città: la luce dorata del sole che filtra attraverso le vetrate di una cattedrale desolatamente vuota; gli spalti di uno stadio, e basta chiudere gli occhi per immaginare la partita, il tifo, la gente…(Gary Indiana | A City's Ruins)

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Gary oggi è una città fantasma sempre più vuota, con molti problemi economici e uno dei tassi di criminalità più alti di tutti gli States. C’è qualche negozio, blindatissimo, l’Al Bundy’s bar casinò, d’inverno agli angoli delle strade gruppetti di uomini si scaldano attorno a un fuoco improvvisato. Negli anni clintoniani - “Stupid! it is the economy” - si era tentato di farla rivivere riavviando il centro congressi, attraverso una sovvenzione federale. Con scarso successo.

Secondo la teoria della Finestra Rotta l'ordine e il benessere di una città dipendono anche dalla mancanza di edifici abbandonati, aree incolte, strade sporche. Gary, con la sua downton quasi completamente deserta e il progressivo abbandono delle aree circostanti si presenta come l'icona stessa del degrado: è il suo stato di abbandono il fattore problematico per il ripristino dell'ordine, requisito indispensabile per la vitalità economica di un’area.


Molti studi hanno analizzato i fattori che hanno portato al declino di Gary, la città  progettata per ospitare la forza lavoro richiesta dalle nuove fabbriche della US Steel Corporation. E concordano nell’identificare in una visione semplicistica delle dinamiche e dei processi economici che regolano una città, in politiche residenziali mal concepite (si guadagnava bene, i prezzi immobiliari eccessivi spinsero i lavoratori immigrati a basso salario negli slums costruiti da privati nella zona Sud che si sviluppò al di fuori di un piano regolatore)  i semi da cui sono nati i problemi successivi. 

La storia di Gary è cartina di tornasole dei problemi legati alla pianificazione della crescita di una città: la persistenza di un conflitto tra le esigenze umane e culturali dominanti e i valori imprenditoriali che a volte compromettono e minano obiettivi di interesse pubblico causando il declino della città.

La cosa sorprendente della storia di Gary, la parabola che insegna qualcosa, è l’ambito ristretto in cui i suoi abitanti conducevano le loro vite. La US Steel Corporation impose una grigia uniformità sulla città: the perfect emblem of America's industrial might. Tre quarti del lavoro totale era alle sue dirette dipendenze   e circa il 75% dell'occupazione maschile era impiegato nella produzione di beni durevoli e nel commercio all’ingrosso; per la maggior parte si trattava di forza lavoro operaia. Nonostante un reddito medio superiore alla media nazionale, la vita di queste persone era circoscritte a poche cose. Con l'eccezione del sindacato e la chiesa cattolica, gli edifici più importanti erano i bar, i locali in cui si giocava d'azzardo, i magazzini. Siamo o no lontani dall’immaginario del sogno americano e la vibrante vita delle sue metropoli?


Fonti
Edward Greer. The Liberation of Gary, Indiana (1971) Society, 8(3):30-39
David Tribby. Gary Indiana | A City's Ruins (2009)
Mohl RA, Betten N. The Failure Of Industrial City Planning: Gary, Indiana, 1906–1910 Journal of the American Institute of Planners; Volume 38, Issue 4, pages 203-214, 1972 http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/01944367208977611
Hurley A. The Social Biases of Environmental Change in Gary, Indiana, 1945-1980. Environmental Review: ER; Vol. 12, No. 4 (Winter, 1988), pp. 1-19 http://www.jstor.org/stable/3984075
Mason P. Gary, Indiana: Unbroken spirit amid the ruins of the 20th Century. BBC News


sabato 16 giugno 2012

Il funambolo equilibrista

L’ultima cosa che voglio essere è il funambolo equilibrista. Quando sarò molto vecchio, e finalmente avrò imparato a camminare come tutti gli altri. Allora danzerò sul filo, e la gente resterà sbalordita. Anche i bebè. Paul Auster, Città di Vetro (in Trilogia di New York)





L'acrobata americano Nik Wallenda ha realizzato il suo sogno da bambino di attraversare le Cascate del Niagara camminando su una fune, una passeggiata di 550 metri nel vento.

lunedì 11 giugno 2012

Sindrome di Quirra: emergenza vera o presunta?


Il 4 gennaio 2011, due veterinari dichiararono in un articolo pubblicato sull’Unione Sarda, di aver rilevato 10 casi di leucemie tra 18 pastori che operavano nel raggio di 2,7 km dal poligono di Quirra e di malformazioni tra gli ovini degli ovili esistenti all’interno e nelle vicinanze dell’area militare. Dopo nove giorni, il procuratore della Repubblica di Lanusei avviò un’inchiesta e, nei  mesi successivi, adottò provvedimenti cautelativi.
Del caso, ribattezzato sindrome di Quirra, ne avevo parlato anche su questo su questo blog: Rapporto Quirra: emergenza medico-ambientale in Sardegna:
Ad inizio gennaio [2011, ndb] è stata pubblicata quasi integralmente su web una relazione redatta da Giorgio Mellis e Sandro Lorrai (medici veterinari delle Asl di Lanusei e Cagliari) che denunciano un’incidenza estremamente elevata di tumori tra gli allevatori che vivono nei dintorni del Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze del Salto di Quirra e un alto numero di malformazioni tra i capi di bestiame che pascolano nelle vicinanze.
Cos’è il Salto di Quirra
Il poligono interforze del Salto di Quirra fu costituito nel 1957 ed è diviso in 2 aree: una, a ridosso del comune di Perdasdefogu, nella provincia dell’Ogliastra, dove negli anni Sessanta si svolsero i primi tentativi italiani di partecipare alla gara spaziale; l’altra, a circa 35 km dalla precedente, nella piana e nella spiaggia di Quirra, in località Capo San Lorenzo, nel comune di Villaputzu, in provincia di Cagliari.

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Nelle due strutture, si sono svolte prevalentemente sperimentazioni di sistemi di puntamento, test di sistemi di propulsione missilistica e test di resistenza all’esplosione di condutture petrolifere e di gas da parte di enti pubblici e privati.

Recenti analisi su suolo, acque, vegetali, alimenti e molluschi dell’area hanno rilevato concentrazioni superiori ai limiti di riferimento di diversi metalli, in parte costituenti naturali della geologia dell’area, caratterizzata dalla presenza di numerose miniere d’antimonio sfruttate in passato, e in parte riferibili alle attività militari svolte dalla metà degli anni Cinquanta. Tra questi, il Torio 232 (inserito dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro tra le sostanze cangerogene per l’uomo) probabilmente emesso dai missili anticarro adoperati fino al 2003 nel corso di esercitazioni.

I problemi sanitari dell’area

Quirra non è un vero e proprio centro abitato, ma un insieme di ovili e case sparse in prossimità del poligono militare di Capo San Lorenzo. Le prime segnalazioni di problemi sanitari nell’area furono sollevate da un medico di base nell’estate del 2001, a proposito di un eccesso di tumori del tessuto emolinfopoietico (leucemie e linfomi non-Hodgkin).
Qualche anno dopo, a Escalaplano, un comune a circa 10 km in linea d’aria dalle aree operative del poligono di Perdasdefogu, si segnalò alle autorità sanitarie un numero, definito come elevato anche se mai esattamente quantificato, di malformazioni congenite tra gli ovini (Pierluigi Cocco, Lezioni dalla “sindrome di Quirra”. Epidemiologia? No, grazie).

Le indagini epidemiologiche

Alcuni mesi dopo la prima segnalazione, avvenuta nel 2001, iniziarono le indagini epidemiologiche per verificare l’esistenza di un eccesso di patologie neoplastiche tra i residenti. Il Servizio di Igiene Pubblica dell’ASL 8 di Cagliari accertò 56 casi di tumori diagnosticati nel periodo 1998-2001 tra i residenti nel comune di Villaputzu. Ben 14 di questi casi (il 25% del totale) erano leucemie e linfomi non-Hodgkin; 4 tumori del polmone e 7 della mammella.


Tre indagini indipendenti valutarono l’ipotesi di un eccesso di mortalità per tutte le neoplasie e per tutte le leucemie tra i residenti dell’area. La prima indagine fu del Servizio di igiene pubblica della ASL 8 di Cagliari che  confrontò il numero di casi osservati con quello atteso sulla base dei tassi di mortalità specifici per età e sesso della popolazione regionale.

Anche la seconda indagine, dell’Istituto Superiore di Sanità, valutò l’ipotesi di un eccesso di mortalità sia per tutte le neoplasia sia per specifiche sedi neoplastiche nel periodo 1980-99, limitatamente ai comuni di Villaputzu ed Escalaplano, confrontando il numero degli eventi osservati con quello atteso sulla base dei tassi di mortalità specifici per età e sesso in ambito regionale e provinciale.

Infine, lo studio del Consorzio Epidemiologia, Sviluppo e Ambiente (ESA), finanziato dall’assessorato regionale della sanità, fu il terzo a valutare la mortalità, questa volta nel periodo 1981-2001, oltre all’ospedalizzazione nel periodo 2001-03, limitatamente ad alcune aree, definite dal raggruppamento dei comuni interessati da installazioni industriali o militari.


Da queste indagini condotte in maniera indipendente risultò che la mortalità per tutti i tumori, e in particolare quella per tumori del polmone e della mammella, era significativamente ridotta nei comuni dell’area variamente raggruppati o considerati singolarmente.

Divesi invece furono i risultati relativi alle indiagini sui linfomi non Hodgkin, nel periodo 1981-2001, e sulle leucemie, nel periodo 1993-98. Secondo le relazioni dell’ASL 8 e dell’Istituto Superiore di Sanità, la mortalità era sostanzialmente in linea con l’attesa, mentre per il rapporto ESA presentava un eccesso, sebbene non significativo dal punto di vista statistico, in misura pari al 20% nei comuni compresi nell’area di Quirra.

La quarta indagine epidemiologica


Una quarta indagine epidemiologica valutò l’incidenza dei linfomi non Hodgkin attraverso la consultazione dei registri dei ricoveri ospedalieri presso tutti gli ospedali della regione, i registri dei servizi di ematologia e di anatomia patologica, degli archivi delle diagnosi di dimissione ospedaliera e dei registri di mortalità delle 8 aziende sanitarie regionali.

Nel giugno 2008, fu consegnato al direttore generale della ASL 8 il rapporto che aggiornava al decennio 1994- 2003 una precedente analisi relativa al periodo 1974-1993. Le conclusioni confermarono che nel comune di Villaputzu non era rilevabile alcun eccesso di emolinfopatie maligne. Il modesto non significativo aumento dei linfomi non Hodgkin, rilevato nel 1974-93, che replicava il dato sulla mortalità per emolinfopatie maligne dello studio ESA, appariva esaurito nel decennio 1994-2003.


Perché fu dato l’allame?


Una possibile risposta è che l’aumentata proporzione di emolinfopatie maligne sul totale delle patologie neoplastiche osservate potrebbe avere determinato una percezione distorta dell’entità del fenomeno da parte del medico di base di Villaputzu (Pierluigi Cocco, Lezioni dalla “sindrome di Quirra”. Epidemiologia? No, grazie).

Forse per l’esigenza di soddisfare richieste indotte dalla percezione dell’opinione pubblica venne dato molto rilievo, in comunicati pubblici e articoli di stampa, al dato sull’eccesso di mortalità per neoplasie del sistema emolinfopoietico, rilevato dall’indagine ESA (il terzo studio epidemiologico), sebbene non significativo dal punto di vista statistico.

E’ interessante invece come non arrivò alla stampa altri dati riportati dalla quarta indagine epidemiologica: la popolazione maschile, ma non quella femminile, residente nel distretto sanitario di Cagliari ovest (esclusa la città di Cagliari) presentava un rischio elevato di emolinfopatiemaligne, e in particolare di leucemie. Tra i comuni che presentano un eccesso di patologie figura Sarroch, dove si trova la raffineria della Saras.

Emergenza vera o presunta?


La segnalazione nel 2001 da parte di un medico di base di un eccesso di tumori del tessuto emolinfopoietico nella frazione di Quirra, e in seguito di un eccesso di malformazioni congenite nel comune di Escalaplano sono il punto di partenza della vicenda.


Delle quattro indagini epidemiologiche, le due che non rilevarono un eccesso di mortalità, la relazione dell’ASL 8 e la relazione dell’Istituto Superiore di Sanità, non furono oggetto di pubblicazione scientifica (e quindi non sono state sottoposte ad un procedimento di peer-review); solo il terzo studio fu pubblicato su una rivista internazionale dopo essere passato al vaglio di una peer review, e questo studio stimò un eccesso del 20% di mortalità per le neoplasie del sistema emolinfopoietico. Sebbene non statisticamente significativo, su questo eccesso di mortalità non seguirono ulteriori approfondimenti ad esempio per esaminare la distribuzione geografica dei casi.

Anche i risultati del quarto studio, che evidenziò un numero di linfomi non-Hodgkin in linea con l’atteso, e l’esaurimento nel periodo 1994-2203 del modesto e non significativo incremento registrato nel periodo 1974-2003, furono riportati in una relazione non oggetto di pubblicazione su rivista peer-reviewed.

Come si chiede Fabrizio Bianchi, ricercatore del CNR:

1. perché in un’area con quelle caratteristiche, dove i problemi ambientali, di preoccupazione e di percezione delle comunità locali erano presenti da ben prima del 2001 non è mai stata attivato uno specifico programma di sorveglianza epidemiologica?

2. perché dopo la segnalazione delle malformazioni a Escalaplano non è stata svolta alcuna indagine di caratterizzazione dei casi osservati e di fattibilità di un registro e/o di uno studio ad hoc?

Oltre ai verosimili limiti metodologici di questi studi, che una peer-review, avrebbe messo maggiormente in rilievo, e soprattutto in relaziona al fatto che la finestra temporale presa in considerazione da queste indagini era poco idonea a rilevare effetti a lungo-termine di esposizioni avvenute dopo gli anni ‘80 ed effetti a breve termine, come le malformazioni congenite, segnalate negli ultimi 10 anni lasciano spazio a molti dubbi.

Nel frattempo cosa si fa?


Nel frattempo una nuova commissione scientifica è stata recentemente creata per la verifica dello stato di salute delle popolazioni nell’area.

Ed infine è stato finanziato uno studio sull’incidenza delle patologie neoplastiche nei dipendenti civili e militari dei due poligoni in relazione alle esposizioni lavorative documentate: solventi, radiofrequenze, operatività in aree parzialmente interessate da contaminazione da Torio 232.


Fonti


Pierluigi Cocco. Lezioni dalla “sindrome di Quirra”. Epidemiologia? No, grazie. Epidemiologia e Prevensione 2012; 36(1):41-44

Fabrizio Bianchi. Lezioni dalla “sindrome di Quirra”: più epidemiologia e più prevenzione. Epidemiologia e Prevensione 2012; 36(1):45-48

Carta P. Rapporto choc sul Poligono di Quirra. l’ASL: negli ovili agnelli deformi e pastori con la leucemia. L’Unione Sarda, 4/01/2011

mercoledì 6 giugno 2012

Coming soon: Sindome di Quirra, emergenza vera o presunta?

Lo scorso anno una serie di articoli apparsi sulla stampa riprendevano le segnalazioni di un presunto eccesso di tumori del sistema emolinfopoietico tra gli allevatori  della Sardegna sud-orientale,  nei dintorni del Poligono Sperimentale e di Addestramento Interforze del Salto di Quirra, ed un eccesso di malformazioni tra i capi di bestiame delle vicinanze. Il caso è stato ribattezzato come Sindrome di Quirra, di cui potete leggere un post anche su questo blog.


Ad un anno da quell'allarme, è bene rettificare un po' di affermazioni. Il tempo di raccogliere tutto il materiale e mostrarvi che i dati denunciati non sono confermati da indagini di epidemiologiche condotte in maniera indipendente. 

lunedì 4 giugno 2012

Per una scienza senza la sperimentazione animale



A physiological demonstration with vivisection of a dog. Olio su tela di Emile-Edouard Mouchy, 1832 (Wellcome Library, London).


Qualche settimana fa, Giacomo Rizzolatti, professore di Fisiologia all’Università di Parma e neuroscienziato di fama, ha scritto su La Stampa in difesa della sperimentazione animale.
L’atteggiamento di superiorità di Rizzolatti nei confronti di chi è contro questa pratica non vale la pena di essere commentato, tanto cade nel ridicolo cercando la spiritosaggine ad effetto:
Finisco con una nota. L'Accademia Europea ha pubblicato un articolo sull'animalismo. Mi colpì un dato. Nel Regno Unito vi sono 5 milioni di gatti: ognuno uccide ogni anno, di solito torturandoli, 7 animaletti. Ogni anno i possessori di gatti sono responsabili quindi dell'assassinio di 35 milioni di «creature senzienti». Onorevole Brambilla, lei che è tanto buona, cominci una campagna per sostituire i gatti con gentili coniglietti. La prego.
Il suo articolo va invece inquadrato nell’ambito della discussione della legge comunitaria 2011 e della norma che introduce delle limitazioni alla vivisezione vietando la conduzione di esperimenti senza anestesia o analgesia (che in Italia rappresentano circa il 20% delle sperimentazioni totali e vengono consentiti previa autorizzazione del Ministero della Salute) e l’allevamento di primati, cani e gatti destinati alla sperimentazione sul territorio nazionale.

Sottolineiamo: la legge comunitaria non vieta la vivisezione. Perché allora le associazioni pro sperimentazione animale, come la Foundation for Biomedical Research, stanno dando battaglia a questa legge?  In Italia la legislazione attuale è già abbastanza restrittiva, vietando dal 1991 il ricorso agli animali randagi; l’ulteriore divieto di allevamento di primati, cani e gatti imporrebbe alle università e a molti laboratori di ricerca di muoversi concretamente verso metodi alternativi per tutta una serie di sperimentazioni.


Esistono e sono efficaci questi metodi alternativi? o ha ragione Rizzolatti  insieme a tutti quelli che sostengono la necessità della sperimentazione animale? Se il dibattito è così acceso è perché la risposta non è semplice: ci sono evidenze pro e contro la sperimentazione animale, posizioni ideologiche, e naturalmente anche questioni di business.


Le ragioni di chi è contro la sperimentazione animale


Le evidenze a favore le ha elencate Rizzolatti e in definitiva si possono sintetizzare così: finora è stata utile, quindi perché privarsene? Proverò invece a spiegarvi le mie ragioni di opposizione alla sperimentazione animale e lo faccio partendo da lontano, da Giuseppe Moruzzi uno dei più importanti fisiologi italiani, che condusse negli anni ‘50 i suoi studi sui meccanismi della veglia e del sonno facendo sperimentazioni di decerebrazione e decorticazione sui gatti.


Decerebrazione e decorticazione sui gatti

A seconda della sensibilità si dirà che era una pratica necessaria, anche se crudele, per l’acquisizione di conoscenze di base; o che era una pratica crudele ma comunque determinante per l’avanzamento della ricerca. Il senso cambia poco ma il tempo verbale ha la sua importanza: “era”, allora negli anni ‘50. Ma oggi? sperimentazioni simili sono ancora necessarie?


Nel campo della neurofisiologia le sperimentazioni sui gatti continuano: in uno studio del 2004  (Modularity of Motor Output Evoked By Intraspinal Microstimulation in Cats) pubblicato sul Journal of Neurophysiology si procede alla decerebrazione dei gatti cavia, ovvero alla separazione dei centri nervosi centrali dai centri posti inferiormente mediante un taglio del tronco dell’encefalo e l’asportazione di una parte del lobo parietale :
Once the animal [6 gatti domestici maschi adulti] was securely mounted in the frame, a decerebration was performed in the animals prepared under halothane anesthesia. The bone over the occipital and parietal lobes was removed. The carotid arteries were ligated, and the brain stem was transected just rostral to the superior colliculi and continuing rostroventrally to a point caudal to the mammillary bodies, producing a mesencephalic or postmammilary preparation. The brain rostral to the transection was removed (including cortex and thalamus) and the skull packed with Surgicel, Avitene, and agar to control bleeding
La conclusione della ricerca? eccola:
similar to the frog and rat, intraspinal microstimulation in the cat produced a limited repertoire of stereotyped motor responses
L’esperimento è stato replicato successivamente nel 2008 su 16 gatti domestici femmine (Modularity of Endpoint Force Patterns Evoked Using Intraspinal Microstimulation in Treadmill Trained and/or Neurotrophin-Treated Chronic Spinal Cats)1. Vi chiedete perché, con qualche variazione, è stato replicato questo studio? Non pensate che il mondo della ricerca scientifica sia fairyland; nel campo biomedico soprattutto, molto competitivo, vige la regola del publish or perish… e i test in laboratorio su animali si pubblicano in fretta e bene: mors tua (animal) vita mea (researcher’s publication).

Capite bene che siamo lontani da come Rizzolatti ci racconta questi esperimenti:
Immaginiamo che il senatore Schifani si ammali di Parkinson. Mettiamo caso che i farmaci antiparkisoniani non gli giovino. Andrà allora in un centro stereotassico e qui - sorpresa - verrà trattato come si trattano le scimmie negli esperimenti di neuroscienze. Subirà un piccolo intervento in anestesia e poi senza anestesia gli verrà messo un elettrodo nel cervello. Non sentirà dolore. Poi, quando il chirurgo troverà un certo centro nervoso, verrà stimolato e guarirà. Tornerà al lavoro e (speriamo) non dirà più sciocchezze sulla sperimentazione animale.
Se così fosse, perché mai bisognerebbe ricorrere alle scimmie o ai cani o ai gatti? si potrebbero arruolare  decine di Schifani-volontari senza che un Comitato Etico avesse da ridere sul protocollo sperimentale.


I test sugli animali sono davvero indispensabili?


Una revisione sistematica pubblicata nel 2008 su Reviews in the Neurosciences ha provato a fare lo stato dell’arte della ricerca sulle lesioni al midollo spinale, quella per cui “servono” gli esperimenti di decerebrazione dei gatti,  tentando di valutare l’impatto della sperimentazione animale. La conclusione è che: (i) le differenze tra le lesioni che si riscontrano nei pazienti e quelle indotte in laboratorio sugli animali, e (ii) la difficoltà di interpretazione delle misurazioni funzionali (le lesioni traumatiche del midollo spinale colpiscono in genere sia la funzionalità sensoriale che quella motoria e la misurazione della funzionalità sensoriale si fa chiedendo al paziente come percepisce il contatto con alcuni oggetti, per esempio se ha la sensazione di un oggetto dal bordo tagliente piuttosto che arrotondato) rendono estremamente difficile per i ricercatori tradurre i dati sperimentali ottenuti dagli animali in trattamenti efficaci per noi. Le prove? Nonostante decenni di ricerca, non è ancora stato sviluppata nessuna cura, nessun trattamento efficace per le lesioni al midollo spinale.

Invece esistono linee di ricerca molto promettenti che non fanno ricorso alla sperimentazione animale. Ecco qualche esempio:

(i) è stata sviluppata una procedura per differenziare  motoneuroni umani da cellule staminali - i motoneuroni sono quelle cellule che trasportano il segnale del sistema nervoso centrale di movimento dei muscoli- (Li R, S Thode, N Richard, J Pardinas, MS Rao, DW Sah. Motoneuron differentiation of immortalized human spinal cord cell lines. J Neurosci Res. 2000;59(3):342-352);

(ii) le cellule staminali sono state utilizzate per riprodurre in laboratorio un modello dell’atrofia muscolare spinale (malattia genetica che colpisce i bambini sotto i 2 anni) dimostrando che l’atrofia muscolare spinale danneggia i motoneuroni e che alcuni composti testati su queste cellule incrementano la produzione di una determinata proteina: hanno ottenuto un modello utile anche per lo sviluppo di potenziali farmaci (Ebert AD, Yu J, Rose FF, Jr, Mattis VB, Lorson CL, et al. Induced pluripotent stem cells from a spinal muscular atrophy patient. Nature. 2009;457:277–280 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2659408/?tool=pubmed) – tra l’altro hanno aggirato il problema etico della distruzione di embrioni legato all’uso delle cellule staminali perché hanno riportato cellule epiteliali allo stato embrionale: le cellule così riprogrammate (cellule staminali pluripotenti indotte) sono identiche a quelle staminali derivate da embrioni;

(iii) un risultato simile è stato ottenuto per la sclerosi laterale amiotrofica (morbo di Lou Gehrig) (Dimos JT, Rodolfa KT, Niakan KK, Weisenthal LM, Mitsumoto H, et al. Induced pluripotent stem cells generated from patients with ALS can be differentiated into motor neurons. Science.2008;321:1218–1221  http://www.sciencemag.org/content/321/5893/1218.short)

(iv) tecniche non-invasive di imaging (come la PET, o la risonanza magnetica), e gli studi sul liquido cerebrospinale, possono essere utilizzati per monitorare gli effetti delle terapie sperimentali. Studiando le connessioni neuromuscolari sia in pazienti sani che in pazienti con lesione del midollo spinale, alla University of Miami hanno identificato i meccanismi che sono responsabili del coordinamento dei movimenti dei gruppi muscolari opposti;

(v) proprio alla University of Miami è stato avviato lo Human Spinal Cord Injury Model Project, che oltre alle tecniche di imaging, porta avanti analisi post-mortem sui tessuti del midollo spinale. (Andata a vedere il sito del Miami Project, hanno messo bene in evidenza che si tratta di HUMAN DISCOVERIES)


Non solo nello studio delle lesioni del midollo spinale

Più in generale le tecniche di imaging  sono utilizzate nello studio del cervello umano al posto degli esperimenti sui primati, le colture in vitro di cellule e tessuti umani trovano impiego nella sperimentazione di nuovi farmaci, mentre altri metodi come la ricerca clinica e l’epidemiologia si sono dimostrati efficaci nell’individuazione di meccanismi causali tra esposizione a fattori di rischio e patologie. Inoltre, modelli matematici e speciali software permettono di simulare esperimenti e sono in grado di prevedere gli effetti biologici di alcuni composti chimici.

Tecniche che possono sostituire l’uso degli animali tanto che la John Hopkins University ha creato il Center for Alternatives to Animal Testing. Ed ecco come viene presentato:
We believe the best science is humane science. Our programs seek to provide a better, safer, more humane future for people and animals.
Nel 2012 non è più da visionari immaginare una scienza così.

Per chi è interessato, è disponibile (free of charge) la guida europea sui metodi di ricerca alternativi alla sperimentazione animale. Si può scaricare dal sito del Joint Research Centre. (Grazie a Il chimico impertinente Gifh per la segnalazione!)

Fonti
Giacomo Rizzolatti. I test sugli animali? Perché sono indispensabili. La Stampa 23/05/2012

Thomas R. Gregg and Allan Siegel, Brain structures and neurotransmitters regulating aggression in cats: implications for human aggression. Progress in Neuro-Psychopharmacology and Biological Psychiatry 2001; 25(1):91-140

MA Lemay and WM Grill. Modularity of Motor Output Evoked By Intraspinal Microstimulation in Cats. Journal of Neurophysiologi 2004; 91(1):502-14

VS Boyce and MA Lemay. Modularity of Endpoint Force Patterns Evoked Using Intraspinal Microstimulation in Treadmill Trained and/or Neurotrophin-Treated Chronic Spinal Cats. Journal of Neurophysiology 2009; 101(3):1309-20. 

Bruce JH, MD Norenberg, S Kraydieh, W Puckett, A Marcillo, D Dietrich. Schwannosis: role of gliosis and proteoglycan in human spinal cord injury. J Neurotrauma. 2000;17(9):781-788


Note
1Tenetevelo stretto il gatto di casa, perché in quelle giungle d’asfalto che sono le nostre città, spesso i randagi nonostante la legge finiscono in laboratori sterili e lucidissimi. Nel 2011 un’inchiesta su L’Espresso denunciò un traffico di cani e gatti destinati alla vivisezione: una tratta illecita di finte adozioni che alimenta i laboratori della sperimentazione. Animali randagi che dall’Italia, dalla Spagna, dalla Grecia e dalla Turchia vengono spediti nei paesi del Nord Europa.